Dallo scavo di Pontevecchio possibili eccezionali risultati

AD Aulla nelle “Notti dell’Archeologia” Angelo Ghiretti, Marta Colombo e Marco Serradimigli hanno anticipato le prime impressioni dell’indagine in corso nel fivizzanese

L’antico ponte sul torrene Navola che dà il nome alla località sede degli scavi archeologici
L’antico ponte sul torrene Navola che dà il nome alla località sede degli scavi archeologici

“Uno scavo archeologico che potrebbe dare un contributo determinante a comprendere il significato delle statue stele lunigianesi”: lo ha annunciato Angelo Ghiretti domenica sera ad Aulla, abilmente introdotto dal direttore del Museo di San Caprasio, Riccardo Boggi, nell’ultima delle tre “Notti dell’Archeologia”, tradizionale appuntamento estivo proposto dall’Associazione Amici di San Caprasio e dal Comune di Aulla con la collaborazione di numerose associazioni culturali. Il direttore del Museo delle Statue Stele allestito nel castello del Piagnaro di Pontremoli ha condiviso la serata con Marta Colombo (da un anno nuova ispettrice della Soprintendenza) e Marco Serradimigli (archeologo esperto del Paleolitico) che lo affiancano nello scavo a Pontevecchio, la località sperduta lungo il torrente Navola tra i comuni di Fivizzano e di Fosdinovo.
Qui, nel 1905, venne effettuato il ritrovamento più importante tra tutti quelli che hanno caratterizzato la storia dei menhir lunigianesi: ben nove statue stele vennero alla luce durante i lavori di rinnovamento di un castagneto. Quelli erano anni difficili per la Lunigiana: poca terra e tanta gente da sfamare. Anni di emigrazione e di ricerca spasmodica di nuove aree produttive; e anche quella valle, che oggi appare quasi impenetrabile per la vegetazione che ha approfittato dell’abbandono, era preziosa.
Il castagneto storico era stato ucciso dalle malattie del castagno: doveva quindi essere rimosso e sostituito da nuove piante. Ci fu una grande mobilitazione: dissodare il terreno ed estrarre le poderose radici dei castagni morti non era impresa facile contando sulla forza delle braccia degli uomini e con il solo aiuto dei pochi animali a disposizione. E fu proprio nel corso dello scavo per rimuovere un grosso ceppo che si imbatterono nella parte superiore di quelle pietre infisse nel terreno e che si sarebbero rivelate poi nove manufatti, squadrati e scolpiti, rimasti sepolti per millenni.

Le nove statue stele di Pontevecchio,
cedute al Museo della Spezia per 500 lire nel 1909

La statue stele Pontevecchio VIII
La statue stele Pontevecchio VIII

Ci vollero quattro anni prima che le nove statue stele rinvenute casualmente a Pontevecchio fossero cedute al Museo della Spezia dove sono ancora oggi custodite. Per tutto quel lungo tempo si protrasse infatti la trattativa tra il Museo e coloro che le avevano rinvenute ad un paio di metri di profondità nel castagneto che stavano dissodando.
Andrea Pellistri e Stefano Antonelli, proprietari del terreno, avevano affidato al consigliere comunale socialista a Fivizzano, Antonio Mercanti del vicino paese di Tenerano, l’opera di intermediazione sulla base di una richiesta iniziale di 5.000 lire. Nel 1905 era una cifra rilevante che il direttore del Museo, Ubaldo Mazzini, non poteva pagare.
Alla fine i nove reperti arrivarono alla Spezia per 500 lire: nel frattempo erano rimaste in paziente attesa appoggiate alle case del piccolo borgo dove erano state trasportate e dove erano “sorvegliate” dalla gente del posto.
Il 30 Marzo 1909 Mercanti scrive a Mazzini che la trattativa è ormai a buon punto, la richiesta di Pellistri e Antonelli è scesa prima a mille, poi a 500 lire ma senza accollarsi il trasporto alla Spezia. È in questa lettera che viene descritta la loro collocazione: “Le stele erano piantate di prospetto in mezzo a un quadrato di terra nerissima e pastosa come il burro; lo spessore di questa terra nera variava da 10 ai venti e più centimetri, il quadrato ricoperto di questa terra superava i venti metri quadrati di superficie….” 

28Pontevecchio1Come ha spiegato Ghiretti domenica sera ad Aulla di fronte ad una platea gremita, curiosa ed attenta nella quale sedeva anche la nuova soprintendente Angela Acordon, quegli uomini erano consapevoli di aver effettuato una scoperta importante e, trovate le pietre, iniziarono la ricerca di altri “tesori”. Naturalmente non vennero alla luce, ma quello scavo confuso con la manomissione e il rimescolamento degli strati portò allo stravolgimento di un sito preziosissimo, che oggi gli archeologici hanno riportato alla luce e che, nonostante quanto messo in atto 114 anni fa, promette risultati interessanti.
Forse fondamentali per comprendere perché in Lunigiana c’è stato un periodo lungo quasi tre millenni nel quale sono state scolpite nella pietra e infisse nel terreno figure dalle fattezze umane. Pur nella “devastazione” successiva al ritrovamento del 1905, lo scavo oggi in corso ha già permesso di portare alla luce non solo lo strato di terreno scuro e pastoso descritto da Ubaldo Mazzini, all’epoca direttore del Museo Civico della Spezia, ma anche il “letto” di pietre piccole e sbozzate che erano state collocate con cura di fronte alle statue stele e sul quale dovevano svolgersi le operazioni previste dai riti di quelle popolazioni che ritenevano di affidare alle immagini di pietra i loro messaggi e le loro preghiere agli dei.
Dunque non divinità esse stesse ma tramite tra la terra e il divino, almeno in questo caso e almeno secondo quanto è stato anticipato ad Aulla in quella che sembra essere solo la premessa di ben altre riflessioni e, forse, conclusioni che il prossimo futuro potrebbe riservarci. Quello in corso a Pontevecchio si presenta dunque come uno scavo di eccezionale interesse effettuato in un sito davvero importante, ma che ha rischiato di non essere realizzato.
Era la primavera dello scorso anno, infatti, quando Ghiretti venne avvisato dallo storico Mario Nobili che la popolazione dei paesi attorno a Pontevecchio stava raccogliendo centinaia di firme contro i lavori che il gestore degli acquedotti Gaia avrebbe da lì a poco iniziato per la captazione di acque dai torrenti proprio nel sito del ritrovamento delle statue stele. Ruspe, camion, escavatori sarebbero entrati in azione da lì a pochi giorni compromettendo senza rimedio il sito.
L’immediata organizzazione di una conferenza pubblica nella non lontana chiesa di Cecina, l’annuncio di importanti progetti di valorizzazione dell’area, la disponibilità del Parco delle Apuane a finanziare una prima campagna di scavo e la nuova direzione della Soprintendenza di Lucca-Massa Carrara hanno innescato un circolo virtuoso che ha portato all’oggi.
Lo scavo proseguirà ancora per alcuni giorni, ma quanto già portato alla luce è di grande significato: a pochi metri dal sito dove è stato rinvenuto il “letto” di pietre e alcune delle buche dove erano conficcate le nove stele, un altro scavo ha portato alla luce un sito risalente ad epoche di millenni precedenti con reperti rinvenuti sotto uno strato color ocra gialla portato dai venti che soffiavano nell’era post glaciale e che dimostrano come l’area fosse già frequentata, probabilmente da cacciatori preistorici, già nel 12.000 a.C.

Paolo Bissoli