Tanti giovani a Recanati, sulle tracce di Leopardi. Anche lunigianesi

Straordinario, gioioso flash mob per i due secoli della poesia “L’Infinito”

28RecanatiNon si può non tornare a parlare di Giacomo Leopardi dopo aver visto l’invasione di giovani, anche lunigianesi, in occasione dei duecento anni dalla nascita della poesia L’Infinito della cui bellezza, senza tempo, già abbiamo parlato. Una poesia che si legge, si rilegge e non sazia mai. Dopo due secoli conserva il fascino di stregare i giovani perché Giacomo era, ed è, senza età. “Un giovane già vecchio, o un saggio con il cuore di un eterno adolescente”. Per questo attira, affascina, emoziona.
Quando Leopardi nacque, il 29 giugno del 1798, l’Italia stava vivendo momenti di grandi speranze e di delusioni. Un’aria nuova la percorreva. Erano imminenti la vittoria e il dominio del Bonaparte. In quegli anni, densi di storia, agitati da drammatiche contraddizioni, Giacomo vive a Recanati, paese dello Stato Pontificio, chiuso nella ventata illuministica, fermo ad un ordinamento sociale ancora feudale. In una famiglia ove mancano confidenze e cordialità d’affetti. Una madre bigotta, un padre impegnato fra libri, accademie, scambi epistolari.
In un tale ambiente il giovane Leopardi trova nello studio l’unica possibilità di vita, il conforto alla sua solitudine. Dal 1815 al 1816, già fisicamente infiacchito dal troppo studio, scoraggiato dalla mediocrità che lo assedia, si ripiega su se stesso avvertendo il gusto per la poesia. Dalla sua personale esperienza di dolore riflette sulla sorte naturale e storica dell’uomo. Contemplazione e meditazione, accorato rimpianto dell’età dei sogni, la coraggiosa accettazione del vero; lo spirito combattivo e polemico, la vigorosa affermazione della dignità umana; l’opposizione al destino ed il solenne messaggio finale di solidarietà.
Quando Leopardi compose L’Infinito non aveva ancora compiuto ventuno anni. Un ragazzo, diremmo, oggi. “Sempre caro mi fu quest’ermo colle …”.
“Ermo” vale solitario, romito. Una di quelle parole che furono maggiormente care al poeta per quel senso di silenzio meditativo che essa evoca. Parola rara, arcaica, derivata dai classici, dal suono affascinante. Una sensazione profonda, più che un luogo fisico. Ed allora L’Infinito diviene invito alla fuga in quanto si evade anche senza partire con il trolley conquistando, sul campo di battaglia della vita, la libertà interiore. “L’ermo colle”, sovente, siamo noi con le nostre chiusure, i nostri lacci mentali, i pregiudizi… volendo, però, possiamo aprire “la siepe” verso nuovi orizzonti ed agognate mete.
Per questo molti giovani sono accorsi, con il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, ed accorrono a Recanati per ascoltare e recitare quei quindici, intramontabili versi, tradotti in tutte le lingue, dal suono ineguagliabile. È perché, in quei versi, ritrovano i loro “ sentiri”, il desiderio di mettere ali ai progetti. Nella convinzione che il messaggio leopardiano rimane positivo. Solo un ottimista, infatti, poteva scrivere “… e il naufragar m’è dolce in questo mare”.

(Ivana Fornesi)