Il 29 giugno 1919 la scossa più forte raggiunse il 9° grado della scala Mercalli: più di cento i morti. Poco più di un anno dopo toccò a Fivizzano
Sono passati cento anni, ma il ricordo del terremoto che colpì il Mugello il 29 giugno 1919 è ancora viva nel territorio e tra la popolazione, segno che i testimoni – tutti da tempo scomparsi – hanno tramandato una memoria forte e indelebile.
Come tutte le aree dell’Appennino Tosco Emiliano centro-settentrionale, anche il Mugello è un comprensorio ad elevato rischio sismico e la sua storia lo dimostra. Sono almeno cinque, oltre a quello di un secolo fa, i terremoti fissati nella storia di quel territorio a partire dal XVI secolo con magnitudo tra l’8° e il 9° grado della scala Mercalli.
Quello del 1919 non fu dunque un evento unico: la scossa più forte, nel pomeriggio del 29 giugno, fu del IX grado Mercalli (paragonabile a 6,2 della Richter), ma era stata preceduta, a metà mattina, da una del 7° grado Mercalli. Il terremoto provocò più di cento morti, oltre quattrocento feriti, molte centinaia di edifici distrutti o resi inagibili, migliaia di senza tetto.
L’epicentro fu a Vicchio: 700 le case crollate, poco meno quelle inagibili; le cronache ricordano come fosse rimasta danneggiata la casa natale di Giotto a Vespignano, mentre le foto dell’epoca testimoniano il crollo della Pieve di Borgo San Lorenzo. A Dicomano crollò la medievale torre dell’Orologio, mentre a Luco venne sgomberato e chiuso l’ospedale. Il terremoto si avvertì forte anche a sud: (Casentino e Valdarno) e ad est, nell’Appennino romagnolo, ma anche a Firenze dove vennero registrate cadute di camini, distacchi di intonaci e crepe nei muri, così a Prato e a Campi Bisenzio.
Il terremoto del Mugello precedette di poco più di un anno quello che il 7 settembre 1920 avrebbe colpito la Lunigiana orientale e la Garfagnana con effetti anche in tutto il versante emiliano dell’Appennino. Drammatico il bilancio con più di 300 morti e oltre 600 feriti: il maggior numero delle vittime e i danni più rilevanti si registrarono a Fivizzano dove migliaia di edifici crollarono o vennero dichiarati inagibili, costringendo gran parte della popolazione a lasciare il territorio cercando rifugio anche a molti chilometri di distanza, fino a Carrara e oltre.
(p.biss.)