
Lo si è ripetuto da più parti e a più riprese: temi come quello della sicurezza non possono essere ostaggi delle sparate da campagna elettorale; i ruoli di ministro e di capo di uno schieramento politico devono essere il più possibile tenuti separati. Concetti semplici, che necessiterebbero solo di un minimo buon senso e di buona fede: merce rara in politica, certo non solo da oggi.
Il problema, del tutto nuovo invece, è che in poco tempo è cambiato radicalmente il sistema dell’informazione, o meglio, della circolazione delle notizie, vere o false che siano. Il ritmo, un po’ da bradipo, dei mezzi di informazione tradizionali è stato travolto dai tempi di reazione frenetici dei social, che diffondono tutto senza permettere alcun filtro di riflessione né di valutazione.
Per ora, le reazioni dell’elettorato sembrano premiare certe scelte, ma aldilà della considerazione su quanto questa “febbre” possa durare, non ci si può esimere da considerazioni più ponderate.
Prendiamo il problema sicurezza, riportato drammaticamente in prima pagina dai fatti di Napoli, che hanno visto coinvolta in una sparatoria una bimba di quattro (sic!) anni, che ora sta lottando tra la vita e la morte. Si va avanti per mesi a gridare “al lupo” sugli immigrati, li si tratta tutti come potenziali delinquenti per poi scoprire che, purtroppo, il male non ha nazionalità né colore di pelle; che, con tutta probabilità, la delinquenza non si potrebbe eliminare neppure mettendo un poliziotto a fianco di ogni cittadino.
E la questione sulla legittima difesa sta sulla stessa lunghezza d’onda.
Bisogna, invece, credere nella possibilità di modificare la società dal suo interno per sperare in una convivenza pacifica. Il lavoro è lungo: c’è bisogno di una scuola più attrezzata e accessibile, di centri di aggregazione dove i giovani possano imparare a vivere nel segno del bene; non di poligoni di tiro o di giubbotti antiproiettile.
Certo, per fronteggiare la criminalità ci vogliono forze di polizia adeguate per numero e per preparazione; ma questo serve per “arginare” il male – ed è appunto compito di uno Stato che ha a cuore la protezione di cittadini – non per estirparlo dai cuori.
Non ha senso, per pochi (o anche tanti) voti in più, alimentare le paure delle persone creando nemici in base a categorie di appartenenza, mettendo in apprensione per fatti che, per fortuna, sono molto più rari di quello che si vuol far credere.
Non ha senso e nemmeno conviene perché poi si dicono delle stupidaggini, si commettono delle gaffe come quella di non portare (o portare con grave ritardo) la presenza dello Stato sul luogo di crimini efferati, opera della criminalità organizzata. Si può sperare che tutto questo possa essere compreso da chi, oggi, è tutto concentrato solo sul rastrellamento dei voti?
Antonio Ricci