Torna a Tresana un’antica moneta della sua zecca

Nel XVI sec. il marchese Guglielmo Malaspina batteva moneta  autorizzato dallo imperatore. La zecca è famosa per aver coniato senza autorizzazione monete di altri stati: Guglielmo fu multato e scomunicato dal Papa, per gli addetti ci fu la condanna a morte

09Sesino_TresanaDalle nostre parti non è frequente che un sindaco sia così lungimirante da acquistare per il proprio comune, dal mercato di antiquariato, un oggetto segno di un’identità lontana: Matteo Mastrini ha pensato di riportare a Tresana un esemplare del Sesino battuto all’ombra del castello nella seconda metà del 1500. Non è un semplice acquisto per velleità numismatiche, ma la prima tessera che il sindaco mette per avviare, con l’auspicata collaborazione dei generosi restauratori del castello di Tresana, un’iniziativa di valorizzazione di quella che fu un’importante zecca autorizzata dall’imperatore Massimiliano II in favore del marchese Guglielmo Malaspina.
Il marchese Guglielmo, come ha ricordato Germano Cavalli nella conferenza di presentazione del ritrovato Sesino, fu un geniale e stimato diplomatico alla corte del duca di Mantova, benvoluto dai potenti del tempo: dai Medici, agli Estensi, all’imperatore Massimiliano che ne attestò la stima concedendogli , come detto, il privilegio di batter moneta. Così a Tresana arrivarono l’incisore (e poi spacciatore) Flaminio, il mastro di zecca Anglese presso il luogotenente che il marchese aveva già nominato per controllare il governo del feudo, scelta obbligata, quest’ultima, visto che Guglielmo era impegnato lontano dalle sue terre.

Il castello di Terzana in una foto del 1980
Il castello di Terzana in una foto del 1980

Nella zecca oltre al comune Sesino si batteva il celebre Cavallotto di Tresana, così chiamato perché raffigurava su un lato San Giorgio in lotta col drago, con una sostanziale differenza: il Cavalloto in argento era una moneta da ostentazione, destinata ai traffici di persone agiate, mercanti, artisti, mentre il piccolo Sesino finì per dar vita ad una vera e propria rivoluzione commerciale nella Lunigiana interna.
I Sesini di Tresana, ha ricordato Germano Cavalli, permisero una svolta nel commercio locale: verrà a diminuire la pratica del baratto, sino ad allora comune e si cominciò ad affermare l’uso della piccola moneta tresanese.
La notorietà della zecca tra gli storici ed i numismatici si deve ad un episodio di criminalità monetaria: gli addetti alla zecca cominciarono a coniare, non autorizzati, monete di altri stati, protetti dal luogotenente loro complice.
Il fatto causò la scomunica papale per l’incolpevole marchese e la condanna al rogo per Anglese e alla forca per Flaminio: il papa chiese al Malaspina 10.000 ducati d’oro di risarcimento, ma le cose andarono per le lunghe anche per la protezione degli Estensi, dei Medici, dei Gonzaga e dei Gonzaga. Nel frattempo il luogotenente, informato delle condanne a morte avvisò i suoi complici che si dettero alla fuga.
Tuttavia la scomunica papale, oltre ad incidere sul piano religioso, aveva pesanti effetti politici: liberava i sudditi dalla dipendenza dal feudatario e questo fatto sarà all’origine della rivoluzione di Tresana che portò, dopo alterne vicende, il feudo in mano ai Corsini di Firenze.
Un fatto interessante e non molto noto fu la riesumazione delle zecca di Tresana al tempo dei grandi commerci tra l’Olanda e la Cina, che voleva solo pagamenti in argento: i mercanti olandesi attivarono sette piccole zecche italiane per coniare il celebre Tallero del leone e la zecca di Tresana fu una di queste.

(R. Boggi)