Pio XII negli anni terribili dello sterminio antisemita

Sessant’anni fa, il 9 ottobre 1958, moriva Eugenio Maria Giuseppe Pacelli: papa dal 1939

40Papa_PioXIILa morte di Pio XII 60 anni fa, il 9 ottobre 1958, segna una cesura nella storia della Chiesa: gli succede Giovanni XXIII che opera con un comportamento cordiale, alla portata di tutti che contrasta con una precedente rigidità e distanza aristocratica e apre il Concilio per fare riforme consone ai tempi nuovi. Si è discusso e scritto molto sull’operato di papa Pacelli alla guida della Chiesa cattolica negli anni più terribili del Novecento, con regimi dittatoriali e sanguinari.
Già Pio XI aveva denunciato il nazismo per il suo divinizzato culto idolatrico della perversa dottrina del sangue e della superiorità della razza ariana con l’enciclica “Con viva ansia” del marzo 1937, criticava inoltre il governo nazista di violazione del Concordato firmato nel 1933 perché si poneva fuori della vera fede in Dio; poco prima nella “Divini Redemptoris” aveva attaccato il comunismo ateo. Rimasero documenti inascoltati e non fermarono la violenza antisemita, che in Italia era di base culturale e non razziale-biologico come in Germania.
Ebbe contrasti col governo fascista e stava preparando un’enciclica contro le leggi razziali, ma muore il 10 febbraio 1939, il testo preparato scomparve. Pio XII ha suscitato interrogativi da parte di storici ed ecclesiastici sui suoi silenzi: una questione spinosa sulla quale le posizioni continuano ad essere distanti o contrapposte.
Le domande fondamentali sulle quali riflettere con la mente sgombra da prevenzioni ideologiche e confessionali le possiamo raccogliere in tre: ci fu veramente silenzio, mancanza di condanna del genocidio degli ebrei? Se del caso, quali le motivazioni? Quale è la consistenza oggettiva della protezione data contro la caccia all’uomo ebreo o di altra condizione?
Pio XII già nei primi mesi del pontificato condanna “lo Stato senza Dio” nazista, nei discorsi e nei testi scritti di persona o attraverso “L’Osservatore Romano” denuncia le persecuzioni contro persone destinate a sterminio. Non fa affermazioni troppo esplicite, deve agire con prudenza. Una contrapposizione avrebbe messo in pericolo i cattolici tedeschi, voleva evitare una rottura con la Germania nella sua funzione di baluardo contro i sovietici che erano un suo incubo, non voleva precludere al Vaticano Stato sovrano la possibilità di negoziare la pace come parte neutrale.
Le SS occupanti avevano ben capito l’ostilità papale e il piano di invadere il Vaticano, arrestare e deportare il papa era un pericolo reale. Uno scontro aperto avrebbe compromesso gravemente la massiccia opera di soccorso prestata da numerosi istituti religiosi maschili e femminili, che agivano certamente con consenso papale.
Anche i servizi segreti alleati sapevano dal 1942 che gli ebrei venivano sistematicamente sterminati e non si fece nulla, neppure la Croce Rossa nè il CNL che avrebbe dovuto sabotare le ferrovie coi treni dei deportati. Lo storico Renzo De Felice stima che in 150 conventi e monasteri furono nascosti oltre 4mila ebrei, forniti documenti falsi a chi era in clandestinità con riconoscenza del rabbino di Roma e poi di Israele.

(m.l.s.)