
La Lettera pastorale dei vescovi toscani su comunicazione e formazione
Si intitola La forza della parola. Lettera su comunicazione e formazione a 50 anni dalla morte di don Lorenzo Milani la nota pastorale dei vescovi della Toscana, pubblicata in questi giorni. Ottantotto pagine, divise in otto capitoli, con lo scopo – fanno notare i pastori toscani – di “alzare il velo su una questione di grandissimo rilievo e che continuerà a sfidarci per molti anni a venire”: quella della parola e dell’educazione.
Ma i vescovi spiegano che c’è anche un secondo motivo che ha portato alla stesura del documento: “saldare”, per così dire, “il debito di riconoscenza che le nostre Chiese, in Toscana e non solo, hanno rispetto all’esperienza e all’insegnamento di don Lorenzo Milani”.
Infatti, anche a seguito della visita di Papa Francesco a Barbiana, il 20 giugno 2017, nel 50° anniversario della morte di don Milani, i vescovi invitano le comunità a riflettere su “quegli interrogativi e quelle provocazioni”.
Un debito di riconoscenza
“Giunti alla conclusione della nostra riflessione sulla forza della parola, ci rendiamo conto di avere, per così dire, solo alzato il velo su una questione di grandissimo rilievo e che continuerà a sfidarci per molti anni a venire. In effetti, come annunciato nell’introduzione, a noi premeva soprattutto attirare l’attenzione su questo tema cruciale, provando, in qualche modo, a saldare il debito di riconoscenza che le nostre Chiese, in Toscana e non solo, hanno accumulato nei confronti dell’esperienza e dell’insegnamento di don Lorenzo Milani.
In una lettera alla madre, con espressioni molto colorite, l’allora cappellano di S. Donato a Calenzano le confidava di essere certo di aver acceso così tante cariche di esplosivo con le proprie riflessioni che “non smetteranno di scoppiettare per almeno cinquant’anni”.
A mezzo secolo dalla sua morte, non possiamo che confermare quella profezia, riconoscendovi una provvidenziale benedizione e un forte invito a tenere almeno vivi quegli interrogativi e quelle provocazioni. Il nostro auspicio è che questa lettera possa aiutare le nostre comunità a prendere maggiore coscienza del valore della parola e della ingente responsabilità che ce ne è stata affidata proprio come uditori e discepoli della Parola”.
La lettera pastorale “vuole essere, da un lato, un appello per non dimenticare il fascino della parola che è tra i principali strumenti che rendono possibile la comunicazione umana. E, dall’altro, un invito a metterci in cerca di quelle parole nuove – magari antiche, ma riscoperte nel loro senso più profondo e nascosto – che ci aiutino a illuminare il futuro verso il quale ci muoviamo e che, di fatto, è sconosciuto perché inedito, vale a dire ancora non raccontato”.
Otto capitoli, si diceva, che conducono il lettore dentro l’universo multiforme delle parole, alla scoperta del significato profondo delle cose, illuminati dalla Parola. Si comincia con “Parole vuote, parole piene”, dove si riflette sulla “crisi” della parola all’epoca dei social e della sua importanza. In “Parola che fa eguali” si evidenzia quel “ridare la parola ai poveri” che costituisce il carisma di don Milani.
Nel capitolo “Parola che distrae” si denuncia quella che viene definita l’eresia del secolo, ovvero la “strategia della distrazione”, che non risparmia nemmeno i sacerdoti. “Parola che forma” si occupa invece dell’educazione: “uno degli obiettivi indubbiamente più alti che l’essere umano è chiamato a raggiungere per mezzo della parola”.
Segue un capitolo su “Parola che informa”, che pone l’accento soprattutto sulle “fake news”. “Parola che incanta, accarezza e guarisce” è sulla “parola della bellezza”, quella della poesia e dell’arte, oltre che degli affetti. “Parola che annuncia” riflette infine sull’annuncio cristiano con il “rischio delle “parole irreali”“ e un invito a comunicare la gioia nello stile della misericordia.
La Lettera pastorale si apre inoltre con tre “dediche”, che sono una specie di chiave di lettura: un versetto dell’evangelista Luca (4,32), che testimonia come Gesù parlasse “con autorità”, la celebre frase di don Milani: “La lingua fa eguali” e una citazione di Mario Luzi, dal titolo evocativo: “Vola alta, parola”. “Il nostro auspicio – sottolineano i vescovi – è che questa lettera possa aiutare le nostre comunità a prendere maggiore coscienza del valore della parola e della ingente responsabilità che ce ne è stata affidata proprio come uditori e discepoli della Parola”.
La lezione di don Milani è dunque sempre valida: senza parola non c’è dignità e quindi neanche libertà né giustizia. (df)