Un brano parte del testamento spirituale di San Giovanni XXIII è stato ripreso da Papa Francesco: “Nato povero, ma da onorata ed umile gente, sono particolarmente lieto di morire povero, avendo distribuito secondo le varie esigenze e circostanze della mia vita semplice e modesta, a servizio dei poveri e della Santa Chiesa che mi ha nutrito, quanto mi venne fra mano – in misura assai limitata del resto – durante gli anni del mio sacerdozio e del mio episcopato. Ringrazio Iddio di questa grazia della povertà di cui feci voto nella mia giovinezza, povertà di spirito, come Prete del S. Cuore, e povertà reale; e che mi sorresse a non chiedere mai nulla, né posti, né danari, né favori, mai, né per me, né per i miei parenti o amici”.
Il Papa Francesco lo ha citato a conclusione dell’omelia del Concistoro nel quale conferiva la berretta a 14 nuovi cardinali. “Non chiedere nulla, né posti, né denari, né favori”: è quello che Papa Francesco chiede ai nuovi porporati e attraverso di essi a tutta la Chiesa.
Troppo spesso, anche all’interno della Chiesa, c’è la ricerca dell’affermazione di sé: “A che serve guadagnare il mondo intero se si vive tutti presi da intrighi asfissianti che inaridiscono e rendono sterile il cuore e la missione?”.
“Quando ci dimentichiamo della missione, quando perdiamo di vista il volto concreto dei fratelli, la nostra vita si rinchiude nella ricerca dei propri interessi e delle proprie sicurezze. E così cominciano a crescere il risentimento, la tristezza e il disgusto. A poco a poco viene meno lo spazio per gli altri, per la comunità ecclesiale, per i poveri, per ascoltare la voce del Signore. Così… il cuore finisce per inaridirsi”. “Gesù ci insegna che la conversione… la riforma della Chiesa è e sarà sempre in chiave missionaria, perché presuppone che si cessi di vedere e curare i propri interessi per guardare e curare gli interessi del Padre”. Nella Chiesa, “l’unica autorità credibile è quella che nasce dal mettersi ai piedi degli altri per servire Cristo” e l’autorità “cresce con la capacità di promuovere la dignità dell’altro, di ungere l’altro, per guarire le sue ferite e la sua speranza tante volte offesa”.
“Questa è la più alta onorificenza che possiamo ottenere, la maggiore promozione che ci possa essere conferita: servire Cristo nel popolo fedele di Dio, nell’affamato, nel dimenticato, nel carcerato, nel malato, nel tossicodipendente, nell’abbandonato, in persone concrete con le loro storie e speranze, con le loro attese e delusioni, con le loro sofferenze e ferite”.
Il Papa sta parlando alla Chiesa, ma questi principi di autorità e di servizio al bene comune e ai poveri dovrebbero essere compito di ogni comunità. Oggi si manifesta un emergere enorme di egoismi personali e di gruppi. Ma ci sono parole e riflessioni che, anche se antipatiche, vanno gridate.
Giovanni Barbieri