Se non cambia qualcosa diventa difficile credere nel futuro di questo calcio

L’endemica mancanza di risultati importanti induce a credere che non vale investire nel settore, tanto più che i riscontri dei settori giovanili non sono proprio esaltanti e quindi continuiamo ad essere la Cassa DP di tutti gli scarti del circondario che costano sempre di più e rendono sempre meno. Illusoria l’iniziativa della Lega di non fare versare la quota di iscrizione ad eventuali nuove squadre di Terza perché non è così che si può promuovere il movimento. Meglio investire in modo più efficace sui pochi giovani che ancora avanzano, magari tornando a una politica territoriale adeguatamente sostenuta. 

Pontremolese 1919 promozione
Pontremolese 1919 promozione

Già dalla scorsa settimana abbiamo cominciato a riflettere sulle vicende della stagione calcistica appena appena conclusa parlando sommariamente della Pontremolese che, volenti o nolenti, resta pur sempre il fiore all’occhiello del nostro povero calcio per raccontare del quale dobbiamo da sempre dare fondo alle nostre risorse di fantasia perché da troppo tempo ormai sembra non essere in grado di potere pensare di recitare un copione diverso. Se ci guardiamo alle spalle prendiamo atto che, da tempi immemorabili, non succede niente di importante e che, in pratica, la storia continua a ripetersi anno dopo anno, semmai riuscendo solo a perdere pezzi importanti di un cast sempre più consunto e di fatto incapace di reinventarsi un ruolo che susciti qualche nuovo entusiasmo. Quest’anno, poi, la vicenda imbastita è stata così prevedibile che siamo stati nella necessità di illuderci costantemente solo per cercare di sopravviverci, ben sapendo che, alla fine, il riscontro sarebbe stato comunque lo stesso e le speranze di una ipotetica resurrezione non avevano alcun fondamento. Prima di entrare nello specifico delle singole realtà, pensiamo, quindi, sia necessario cercare di capire perché ci siamo ridotti a questi livelli e, soprattutto perché non siamo più in grado di competere con le squadre delle realtà che ci circondano. L’idea che viene emergendo non è poi così distante da quella che ci eravamo fatti ormai tanti e tanti anni fa quando le squadre della Lunigiana toccarono quota ventotto, ovvero una cifra incredibile che significava che, in pratica, esistevano non meno di due squadre per comune. Ovviamente il quadro era molto composito per cui si andava dalle quattro formazioni di Pontremoli, Fivizzano ed Aulla, alla sola di Comano e Zeri, con l’eccezione di Bagnone che dopo avere rappresentato il livello più alto del territorio per un lungo frangente preferì chiudere i conti piuttosto che ridursi come sarebbe poi accaduto per molti negli anni a venire. Una specie di premonizione che fu l’antefatto di un tracollo che oggi porta a fare riferimento solo su tredici squadre, di cui, udite udite!, una in Promozione, una in Prima, cinque in Seconda e sei in Terza categoria, situazione che non abbisogna di commenti per fare capire quale sia il livello della nostra qualità, fino a farci riflettere se valga ancora la pena di sprecare tanto danaro per poi prendere atto che alla fin fine, non raccogliamo da tempo quasi nulla. Altrettanto ovviamente il quadro di ieri era ben diversamente composto perché riuscimmo a permetterci tre squadre in Promozione ed una vera pattuglia in Prima, trascurando per eccesso di partecipazione il resto, con la Terza che spesso era un fatto solo nostro e neppure si sognava di riempire i vuoti inserendo formazioni di altre province che, guarda caso, da quando sono state inserite, ci hanno fatto capire senza mezzi termini che siamo proprio delle scartine. Potremmo poi tornare a recriminare sulla vera e propria colonizzazione del nostro calcio da parte di scarponi di varia provenienza che puppavano solo risorse dando ben poco in cambio, fatte salve ovviamente le debite eccezioni, anche perché dovemmo prendere atto che senza rinforzi esterni non eravamo proprio in grado di andare da nessuna parte come dimostrò ampiamente la vicenda dell’autoctonia tarantoliana della Pontremolese, di grande effetto certo e nostalgicamente condivisibile, ma senza prospettive importanti. Che il problema sia rimasto è sotto gli occhi di tutti già a partire dalla Seconda categoria, ma non se ne può fare a meno anche se i riscontri sono rimasti gli stessi di ieri. Quello che sconforta è che sul problema del tracollo del nostro calcio e della sua drastica riduzione sul territorio non si sia mai aperto un vero dibattito con la necessità di avviare un riflessione che motivasse in maniera razionale le cause prime della débacle che non poteva essere solo economica. Qualcuno potrà dire che alla base ci sia la drastica riduzione delle nascite e quindi la riduzione del numero di possibili calciatori per altro ridimensionata dalla pratica di altre specialità che si sono imposte probabilmente perché più coinvolgenti e provocatorie nei fatti. Un’ipotesi delle tante, forse calzante, ma non risolutiva tanto che la risposta che è venuta dagli organismi che tirano le fila del settore non è stata quella di suggerire interventi per rilanciare la pratica del gioco del pallone incentivandone la diffusione con sostegni alle Società che lavoravano nei settori giovanili, ma semplicemente di togliere la tassa di iscrizione alle nuove formazioni che intendessero iscriversi al torneo di Terza categoria come se questo fosse il vero modo per risolvere la questione. Il problema vero è che anche nei tornei dei settori giovanili facciamo fatica ad emergere e questo non è certo un incentivo per le famiglie per avviare al calcio i loro figli visto che la speranza resta sempre quella di potere inventare un campione che risolva tutti i patemi sociali.è da qui, però che bisogna ripartire per fare in modo che quei bambini che vogliono imparare a giocare a calcio lo possano fare veramente inseriti in strutture dove si insegna non solo a giocare, ma soprattutto a condividere l’idea del gioco di squadra senza pretendere di emergere subito, ma lasciando al tempo e alla qualità di premiare chi merita, senza però trascurare chi non presenti le doti naturali per imporsi. Questo non può essere lasciato allo spontaneismo di pochi volenterosi ma va pilotato dall’alto per fare in modo che nel tempo si possa tornare ad essere competitivi, magari riproponendo esperienze consortili sperimentate non molto tempo fa con qualche risultato di pregio. Si sa che non è facile mettere d’accordo i lunigianesi, ma è anche vero che guardando a quanto di buono si è fatto in passato si possono recuperare iniziative che potrebbero dare un senso concreto all’impegno profuso. Se vogliamo che il nostro calcio possa avere un futuro pensiamo si debba partire da qui perché una squadra diventa una cosa di cuore quando sia fatta per la maggior parte da ragazzi di casa nostra ed è allora che si comincia a credere che valga la pena di sostenerla senza pensare ai riscontri, sapendo che quanto fatto darà comunque dei risultati importanti.

Luciano Bertocchi