
Legge sulle armi. La manifestazione National School Walkout contro la mancata riforma
Sono la generazione delle sparatorie di massa e da gennaio ad oggi questa generazione di studenti è stata testimone di ben 20 attentati nelle scuole, quasi uno a settimana. A fianco delle loro classi c’è un monumento o un memoriale che ricorda una vita che non c’è più, stroncata da un’arma, semiautomatica o artigianale, imbracciata troppo spesso da un compagno o comunque da un giovane.
Proprio per questo venerdì scorso in tutti gli Stati Uniti, alle 10 del mattino ora locale, gli studenti di circa 2.500 istituti hanno lasciato le loro classi per partecipare al National School Walkout, incuranti delle sanzioni dei presidi, delle assenze, delle note di demerito che si ritroveranno nel curriculum. Sono usciti per strada, nel cortile, sul campo da baseball per un minuto di silenzio in memoria di tutte le vittime della violenza e per altri 13 secondi dedicati invece agli studenti e all’insegnante che il 20 aprile del 1999 sono stati uccisi nella scuola di Colombine a Littleton, in Colorado.
È la terza manifestazione nazionale organizzata dagli studenti delle scuole superiori a seguito della sparatoria dello scorso 14 febbraio in Florida in cui morirono 17 tra alunni e professori.
A ideare la manifestazione di venerdì è stata una giovane sedicenne del Connecticut, Lane Murdock, mossa dall’idea di fare qualcosa di positivo per cambiare il suo Paese. E così ha lanciato una petizione su Change.org che ha radunato attorno all’idea migliaia di coetanei, tutti nati dopo il massacro di Colombine, ma tutti determinati a mettere uno stop alla violenza.
“Le sparatorie di massa accadono troppo spesso in America, e siamo diventati insensibili alle notizie – è scritto sul sito della manifestazione – e dopo ogni sparatoria i media si occupano per una settimana della storia, i politici offrono i loro ‘pensieri e le loro preghiere’ e nulla cambia mai”.
E così al grido di “Enough is enough” (“Il troppo è troppo”) hanno indossato magliette, bracciali, cartelli arancioni, il colore scelto per dire basta alla violenza, e hanno tenuto incontri pubblici nelle biblioteche, si sono recati negli uffici legislativi delle proprie città, hanno telefonato a senatori e deputati dicendo chiaramente che non tollereranno ancora l’immobilismo del Congresso e se i politici non agiranno con leggi adeguate, le elezioni di novembre decideranno del loro destino: andranno fuori.
Gli studenti chiedono di bandire le armi d’assalto e le riviste che le propagandano, di innalzare a 21 anni l’età di acquisto di un fucile: auspicano poi maggiori controlli sugli acquirenti e un congruo periodo di tempo che separi la data di acquisto da quella di consegna per consentire alla polizia di effettuare tutti i controlli necessari e infine consentire alle famiglie di presentare delle petizioni ai tribunali per rimuovere le armi da individui considerati a rischio. “Gli adulti ci hanno deluso – spiega Lane – e quindi abbiamo preso noi le cose in mano” e annuncia che “gli scioperi non sono finiti, ma stanno solo iniziando”.