Il ricordo di un maestro e di un amico
“… E don Pietro, lì, a narrare aneddoti di una vita spesa per gli altri e con gli altri”. Così Giulio Armanini scriveva in occasione della morte di mons. Pietro Tarantola: “don Pietro”, appunto, per tutti quelli che lo conoscevano bene.
Ricordare una tale persona – “amico”, se non fosse per il pudore dovuto alla differenza di età – a cinque anni da quel 2 maggio suscita, in chi scrive e nella famiglia tutta del nostro settimanale, un insieme di sentimenti che è quasi impossibile definire distinguendoli l’uno dall’altro. Le parole di Armanini centravano l’essenziale dell’animo di don Pietro: la disponibilità a spendersi per ciò (e per coloro) in cui credeva. In una parola: la sua generosità d’animo.
Certo, questa sua caratteristica lo ha portato in diverse occasioni a “battere il naso”, ad assumere posizioni che gli sono costate caro sia in ambito ecclesiale che civile, ma crediamo di poter dire con tranquillità che nel corso della sua esistenza l’aspetto positivo del suo impegno profuso in diversi campi abbia prevalso in modo netto.
Tanto bene ha fatto con certezza per Il Corriere Apuano. Una realtà in cui ha continuato a credere al di là di ogni incomprensione, spingendo con i superiori per mantenerlo aggiornato dal punto di vista tecnologico, accettando di fare da chioccia a dei giovani desiderosi, in quanto tali, di rompere gli schemi, lasciandolo per non accentuare una crisi al momento non superabile altrimenti, riprendendolo in mano per un rilancio che ha permesso al settimanale di arrivare fino ad oggi.
Questi sono i fatti, ma altrettanto significativo è documentare quanto sono state importanti, per la parte giornalistica, la sua conoscenza dei fatti ecclesiali, sia locali che italiani e oltre; la sua competenza, altrettanto approfondita, dei fatti politici, lunigianesi e a più ampio respiro; la sua facilità di scrittura, unita alla determinazione di scrivere con chiarezza dei vari problemi affrontati.
Ma tanto bene ha seminato anche in tutte la altre attività in cui si è trovato impegnato, per scelta o per obbedienza. È ricordato con affetto dai tanti parrocchiani che ha avuto, a cominciare dalle esperienze di S. Cristina in Pontremoli e di S. Giovanni in Villafranca; tanto ha dato per mantenere viva la devozione alla Madonna del Monte; tra i primi donatori di Sangue “Fratres” e medaglia d’oro.
Accettò con spirito di servizio l’incarico di Vicario generale.
Per non cadere troppo nel sentimentale, aggiungeremo che accettò di buon grado anche l’ironia degli amici per la meritata nomina a Prelato d’onore di Sua Santità. Sempre in occasione della sua morte, altre parole sono state scritte che ci sembrano riassumere nel migliore dei modi la sua personalità: “È stato un prete immerso nelle sue comunità, a contatto vivo con le persone, con i loro problemi, con le loro ansie e le loro gioie”. (a.r.)