Resta incerto il destino della XVIII legislatura appena avviata
La domanda, scontata ma non banale, sul futuro della XVIII legislatura appena iniziata deriva dalle vicende legate all’elezione dei presidenti di Camera (Fico) e Senato (Alberti Casellati), giunta alla fine della mattinata di sabato 24 rispettivamente al termine della quarta e della terza votazione. Il clima rasserenato di sabato poco aveva a che fare con quello ben più acceso del giorno precedente, quando le intese tra il Centrodestra e il Movimento 5 Stelle avevano compiuto diversi giri sulle montagne russe.
La svolta decisiva, però, si è registrata proprio venerdì alla seconda votazione per il Senato, con la decisione di Salvini di votare Anna Maria Bernini in alternativa a Paolo Romani, proposto da Berlusconi, per aggirare il veto dei 5 Stelle. L’indicazione di una rappresentante di FI avanzata dalla Lega ha obbligato Berlusconi a ingoiare il rospo della rinuncia a Romani, anche se al leader di Forza Italia è stato concesso di salvare la faccia con l’ulteriore indicazione di Maria Elisabetta Alberti Casellati, poi eletta presidente del Senato con 240 voti su 319.
Un po’ meno avventurosa l’elezione alla presidenza della Camera di Roberto Fico, tornato in prima fila dopo il ‘no’ della Lega al pentastellato Roberto Fraccaro. Fico, però, è stato eletto con 442 voti su 620: a conti fatti, al neo presidente è venuta a mancare la settantina di voti dei deputati di FI.
La domanda iniziale resta quindi legittima, al di là della tenuta dell’accordo tra Centrodestra e M5S nelle rispettive aule parlamentari. Se, infatti, con gli adempimenti della scorsa settimana la XVIII legislatura è stata avviata, gli stessi hanno nessuna o scarsa incidenza sulla sua durata, che dipende unicamente dalla possibilità di dar vita a un governo votato dalla maggioranza dei parlamentari.
Ormai è cosa arcinota che i numeri usciti dalle urne renderebbero possibili diverse alleanze, ma solo su base aritmetica, non politica, perché molto diversi, e di primo acchito improbabili, sono gli scenari derivanti da quelle combinazioni.
Centrodestra più M5S: oltre alle differenze sui programmi, pesano i veti incrociati tra Berlusconi e Di Maio. Centrodestra e PD: come si possono sistemare le differenze su tanti temi, soprattutto con la Lega? M5S e PD: “nuovo” e “vecchio”insieme, dopo tante accuse di incapacità e promesse di cambiamento? A tutto ciò va a sommarsi la determinazione con la quale le due parti premiate dagli elettori sostengono il nome del loro candidato alla presidenza del Consiglio: Salvini e Di Maio.
Difficile dire se anche certe prese di posizione fanno parte di un sottile gioco che tende a far scoprire le carte all’avversario; di certo c’è che, quando si è dovuto cercare un accordo per l’elezione dei presidenti delle Camere, i due hanno saputo fare dei passi indietro o di lato. Qualcosa di simile avverrà anche per il governo? Un altro dato di fatto è che da qualche giorno il presidente Mattarella non viene più “tirato per la giacchetta”; anzi, se ne tessono le lodi e si dichiara di “attendere con fiducia” le sue decisioni.
Altro fatto curioso è stato ascoltare il primo discorso di Fico da presidente: niente di scioccante, nessuna rottura con il sistema, tanta deferenza nei confronti delle istituzioni e delle figure istituzionali. Un fatto di certo positivo, ma anche un po’ inatteso, dati i presupposti.
Scelti i rappresentanti dei gruppi parlamentari
Dopo le nomine dei presidenti dei due rami del Parlamento sono arrivate le nomine dei rappresentanti dei gruppi parlamentari. Forza Italia ha scelto Mariastella Gelmini per la Camera e Anna Maria Bernini per il Senato; una decisione, quest’ultima che è apparsa come un “risarcimento”per la mancata elezione a presidente del Senato. Giancarlo Giorgetti e Gian Marco Centinaio rappresentano i gruppi della Lega. Fabio Rampelli e Stefano Bertacco sono alla guida di Fratelli d’Italia. Per il Gruppo misto l’accordo è stato trovato su Federico Fornaro (Liberi e uguali) e Loredana De Petris. Ultimo a chiudere la partita il Partito Democratico con la nomina di Graziano Delrio alla Camera e di Andrea Marcucci al Senato: una partita non facile per il tentativo di Renzi di portare uomini della sua cerchia a ricoprire entrambe le cariche. Ora l’attenzione si sposta sul 29 marzo per l’elezione dei vicepresidenti, e soprattutto sul 3 aprile, quando prenderanno il via le consultazioni del presidente della Repubblica per la scelta del presidente del Consiglio.
Intanto l’alta finanza, sempre influente sulle faccende politiche, qualche segnale lo ha dato, con alcuni protagonisti che hanno iniziato a vendere i titoli di Stato italiani. La tregua concessa dopo le elezioni potrebbe essere vicina alla fine e per il bene del Paese la scelta di una stabilità di governo sarebbe l’opzione più raccomandabile.
Antonio Ricci