
Negli anni dal 1966 al 1970. A Milano la riproposizione di una iniziativa del Victoria and Albert Museum
Andar per mostre a Milano è sempre una bellissima esperienza, tempo impiegato bene e nessun rischio di tornare a casa delusi. Revolution – Dai Beatles a Woostock. Records and rebels 1966 -1970, inaugurata il 2 dicembre dello scorso anno alla Fabbrica del vapore, chiuderà il 4 aprile. Realizzata a cura del Victoria and Albert Museum di Londra, attraverso sette sezioni illustra un periodo denso di avvenimenti: la guerra nel Vietnam, le lotte per i diritti e le nuove libertà, il pacifismo e poi la musica con gli esordi degli Who e dei Rolling Stones e con tanto di quel mondo beatlesiano diventato uno stile inconfondibile, compreso quello psichedelico, che ha finito per imporsi fra i giovani.
E se alla musica è dedicato lo spazio maggiore – manifesti, libri, lp sono presenti in grande quantità – anche il design trova nella mostra una significativa collocazione, poichè in quegli anni è oggetto di contestazione in quanto ritenuto veicolo del consumismo capitalista. Nei filmati, nelle fotografie, negli oggetti esposti si leggono i segni della rivoluzione che sta avvenendo in quegli anni nei quali è in atto una trasformazione culturale che dà origine a una controcultura che si riveste anche di underground.
Alcune conquiste, nell’ambito dei diritti, appaiono ai giovani di oggi come possedute da sempre, mentre questa mostra intende far capire quanto quel periodo (1966-1970) abbia influito sullo stile di vita odierno. Se da un lato l’esposizione racconta ai ragazzi di oggi come erano gli anni ’60, dall’altro sollecita in chi li ha vissuti ricordi ed emozioni.
Sono infatti gli oggetti esposti che suscitano maggiormente interesse: gli occhiali di John Lennon, il pedale Fuzz Face e i “gioielli” di Jimy Hendrix e poi l’abbigliamento: il completo bianco e la giacca di Lennon, le divise di Sgt.Pepper’s, il costume di Mick Jagger e intorno i vestiti che andavano per la maggiore, con disegni particolari e stoffe coloratissime. I festival, poi, sono un forte momento di aggregazione, che Revolution non ignora. Così è possibile ritornare indietro nel tempo, a Woodstock, sdraiandosi su sacconi, in un finto prato, al buio, mentre davanti scorrono le immagini del megaconcerto dell’agosto del 1969.
E fa un certo effetto vedere il testo della canzone “Revolution” scritto, a penna, da Lennon o la lettera, del settembre 1970, con la quale Paul McCartney scrive alla EMI circa lo scioglimento dei Beatles: “Quello che dicono gli altri non conta, i Beatles non esistono più”. “You say you want a revolution… Tu dici che vuoi la rivoluzione, ebbene sappi che anche noi vogliamo cambiare il mondo”, canta John Lennon che è lì, alla fine del percorso, su un megaschermo che il visitatore attraversa, accompagnato da “Imagine” come dire che il percorso di Revolution ha dato conto di una stagione di forti cambiamenti ma che tanto altro deve essere ancora immaginato, sognato… un messaggio rivolto soprattutto ai giovani di oggi.
Fabrizio Rosi