
1969 – 2017. A quarantotto anni dalla strage nella Banca dell’Agricoltura a Milano
Se si deve cercare solo in base alla memoria un qualcosa di simile alla vicenda giudiziaria legata alla strage di piazza Fontana viene da pensare all’assassinio di Kennedy. Diversi i contesti e la portata politica, ma li accomuna l’idea che, di fatto, non si sia mai giunti ad una conclusione onorevole per la giustizia. Nel pomeriggio del 12 dicembre, alle 16,37, una bomba da 7 chili di tritolo devastò la Banca dell’Agricoltura – aperta e gremita di gente – in piazza Fontana a Milano, causando la morte di 17 persone e il ferimento di altre 88. Per l’Italia iniziò la stagione del terrorismo politico, segnata da quella che fu definita la ‘strategia della tensione’. Il caos (orientato) caratterizzò le indagini da subito: prima la pista anarchica con Pietro Valpreda, poi, a fatica, la matrice “nera”. Sette processi celebrati in diverse città non riuscirono ad inchiodare gli accusati alle loro responsabilità.
Solo nel 2005 la Corte di Cassazione concluse che la strage di piazza Fontana era stata realizzata da un gruppo eversivo costituito a Padova, nell’alveo di Ordine Nuovo e “capitanato da Franco Freda e Giovanni Ventura”, che però non erano più processabili in quanto assolti in precedenza dalla Corte d’assise d’appello di Bari per lo stesso reato. Alla fine i parenti delle vittime dovettero anche pagare le spese processuali. Fa un po’ impressione ricostruire in chiave storica fatti vissuti come eventi di cronaca e fissati nella memoria personale in modo indelebile.
Fatti che hanno causato gravi danni alla vita sociale e politica del nostro Paese. Fatti che è bene non vengano dimenticati da chi c’era e siano fatti conoscere alle generazioni nate quando questo triste periodo si era già concluso. Bene ha fatto, quindi, il presidente Mattarella a ricordare quei tragici fatti, anche se questo non è stato un classico anniversario decennale. “L’atroce strage di piazza Fontana, a Milano, di quarantotto anni fa”, ha detto, ha sconvolto “la coscienza civile del Paese”, e proiettato “sulla nostra democrazia l’ombra di una grave minaccia eversiva”. Ha espresso “solidarietà e vicinanza ai parenti delle vittime” e ai tanti che negli anni ne hanno onorato la memoria “con la tenace ricerca della verità, con la testimonianza offerta ai più giovani”.
“Quell’attentato segnò l’inizio di una terribile catena di sangue e di terrore, condizionando la stessa vita democratica e costringendo il Paese a piangere per altre, assai numerose, vite spezzate”. Il capo dello Stato ha anche sottolineato che da Milano “partì anche una risposta unitaria, di popolo, delle forze politiche e sociali, che si propagò in ogni parte d’Italia e contribuì a rendere più forte la lotta al terrorismo”. Il Paese seppe agire con una unità di intenti che deve restare “di esempio nella perenne opera di salvaguardia dei valori della nostra società”.
Secondo una tradizione rinnovata durante questo quasi mezzo secolo trascorso dai fatti, la cerimonia ufficiale si è tenuta in piazza Fontana al termine di un corteo.