L’incontro con Dan Bahat: nel cuore di Gerusalemme una “pietra vivente”

Si è svolto a Pontremoli il convegno con l’archeologo artefice di numerose campagne di esplorazione in tutto il Medio Oriente e autore de L’Atlante di Gerusalemme

La conferenza di domenica 12 novembre nel teatro della Rosa a Pontremoli
La conferenza di domenica 12 novembre nel teatro della Rosa a Pontremoli

La passione, la competenza, l’esperienza di un uomo che ha dedicato tutta la sua vita all’archeologia nella terra di Gesù. È questo il prof. Dan Bahat, classe 1938, archeologo ufficiale di Gerusalemme per 12 anni, artefice di numerose campagne di esplorazione in tutto il Medio Oriente e autore de L’Atlante di Gerusalemme, opera fondamentale per chiunque voglia cimentarsi negli studi dell’archeologia biblica o in generale in una comprensione più completa dei testi delle Sacre Scritture. Storie, mappe, testimonianze, illustrazioni e disegni raccolti in un unico volume, l’Atlante contiene tantissime informazioni, frutto di numerose ricerche tutt’ora in corso.
È un tessitore di storie il prof. Bahat, instancabile e inesauribile nel suo racconto fatto di aneddoti e di ipotesi: è proprio il caso di dire, quando una persona è un “libro aperto”. In tanti hanno potuto ascoltarlo domenica 12 novembre, al Teatro della Rosa di Pontremoli, invitato dalla Scuola diocesana di formazione teologico-pastorale per l’incontro inaugurale dell’anno accademico 2017-2018. Ha aperto l’incontro il preside della Scuola, don Pietro Pratolongo, che ha introdotto il prof. Bahat riprendendo un pensiero di Giovanni Paolo II: gli appartenenti al popolo ebraico rappresentano dei “fratelli maggiori” nella fede e tutti apparteniamo all’unica famiglia di Dio. Sul palco erano presenti anche i due vicepresidi, don Alessandro Biancalani e don Maurizio Iandolo, mentre ha portato i saluti anche il sindaco, Lucia Baracchini.

Il prof. Dan Bahat, archeologo ufficiale di Gerusalemme per 12 anni, al convegno di Pontremoli
Il prof. Dan Bahat, archeologo ufficiale di Gerusalemme per 12 anni, al convegno di Pontremoli

Profondo conoscitore delle vicende della “Città Santa”, il prof. Bahat ha raccontato la sua esperienza come contributo per riflettere sul rapporto tra archeologia e fede, ovvero su come le scoperte archeologiche possono restituirci una verità storica che illumini i fatti inerenti la fede cristiana, secondo lo stile della Scuola di formazione teologico-pastorale. Da quando il re Davide la fece capitale di Israele, circa 3.000 anni fa, Gerusalemme è stata saldamente nei cuori e nelle menti di tanti uomini e donne di ogni epoca. Luogo della presenza di Dio e delle promesse messianiche per il popolo ebraico, luogo dove, secondo la tradizione, Abramo sarebbe stato sul punto di sacrificare il figlio Isacco (la stessa roccia da dove Maometto sarebbe asceso al cielo) e ancora luogo in cui Gesù Cristo è morto e risorto.
Su questo ultimo fatto Dan Bahat non ha alcun dubbio. Il sito su cui sorge la chiesa del Santo Sepolcro, per tradizione luogo della crocifissione, sepoltura e resurrezione di Gesù, è autentico. Non solo perché era al di fuori delle mura della città (cioè del Secondo Muro), ma anche per il ritrovamento di un’antica incisione realizzata dalla mano di un pellegrino cristiano. Lo stesso non si può dire per un altro luogo caro ai cristiani che è la “Via Crucis”, o meglio la “Via Dolorosa”.
Infatti si tratta di una costruzione risalente all’epoca crociata, quando nella Domenica delle Palme i pellegrini entravano sul Monte del Tempio dalla Porta Aurea e quindi verso la chiesa del Santo Sepolcro, passando attraverso la “Porta della Sofferenza” nel muro occidentale. Un viaggio nel tempo quello che ha raccontato il prof. Bahat, attraverso le vicissitudini di una città che lungo i secoli ha subito diverse dominazioni e guerre terribili: i musulmani hanno governato dal 638 fino al 1917, mentre lo Stato di Israele è stato proclamato solo nel 1948.
Una storia fatta anche di sconvolgimenti e rivolte. Leggendaria quella del 70 d.C., culminata con la distruzione del Tempio ad opera di Tito, ma non da meno la “seconda rivolta”, quella capeggiata dal condottiero Bar Kokhba nel 132 (letteralmente figlio della stella, che aveva risvegliato nel popolo le nostalgie messianiche), per scongiurare il progetto dell’imperatore Adriano di costruire sulle rovine una nuova città romana con il nome di Aelia Capitolina: ma così avvenne. Per Dan Bahat il mestiere dell’archeologo è il mestiere di una vita. Tante sono le soddisfazioni per le scoperte e i ritrovamenti, ma ci sono da mettere in conto anche la fatica e la perseveranza di tante giornate trascorse a scavare, a cercare le tracce di un passato incerto o confuso tra rocce, polvere e carte.

(df)