Sarzana. La XIV edizione aperta dalla relazione di Elena Cattaneo “Le reti che fanno bene alla scienza”. Coinvolto un piccolo esercito di 600 volontari.
È la XIV edizione e il Festival della Mente sembra godere ancora di buona salute. Anche se non ci sono più le lunghe code degli anni passati per entrare o per reperire i biglietti, Sarzana continua a presidiare culturalmente il territorio fra Liguria e Toscana, offrendo ancora spazi di incontro e di riflessione, in questo settembre che sa di festival (Carrara, Modena, Mantova, Pordenone, Piacenza,…).
L’avvio è quello degli anni passati con gli interventi di autorità e di responsabili. Alla presentazione di questa XIV edizione ha fatto seguito la relazione di Elena Cattaneo, docente universitaria e ricercatrice, su “Le reti che fanno bene alla scienza”, tematica sviluppata ripercorrendo le vicende che hanno portato, negli anni ’80 del secolo scorso, un gruppo di scienziati in Venezuela per studiare una grave malattia: la Corea di Huntington.
Dunque il tema di questa edizione 2017 è la “Rete”, tematica che riveste una forte attualità e oggetto di attenzione da parte di ricercatori e studiosi di varie discipline e che qui a Sarzana viene declinata non soltanto nel versante Internet, ma guardando anche alla civiltà classica, alla psicologia, alla storia, alla biologia,… Così Anna Salvo e Tiziana Iacquinta, docenti universitarie della Calabria presentano ad un pubblico attento riflessioni e analisi sul rapporto adolescenti e social network e sui rischi che la condivisione di tutto, in rete, possa annullare la necessaria eleborazione individuale. A partire dalla rete di Eros Matteo Nucci tratta della seduzione, del tradimento e della riconquista, presentando le situazioni nelle quali si vengono a trovare divinità e personaggi dell’antica Grecia: Elena e Paride, Efesto, Zeus, Afrodite, Medea,…e con puntuali riferimenti a Socrate e a Platone.
Particolarmente apprezzate e applaudite le letture di brani, tratte dai classici greci, da parte dell’attrice Valentina Carnelutti. Affollatissimo come sempre l’incontro con lo psicanalista Massimo Recalcati che parla della “Morte dei tabù?” evidenziando la fragilità dei legami sociali a partire dalla volontà di sopprimere ogni divieto e dalla sollecitazione a violare ogni limite. Insomma gli argomenti affrontati nella tre giorni sarzanese sono stati davvero tanti e vari, come forse deve essere per un festival che voglia intercettare gli interessi di un vasto pubblico che in alcuni casi sembra gradire una sorta di ‘effettivismo verbale’ da parte dei relatori, lasciandosi andare ad applausi di troppo, anche per situazioni insignificanti o per banalità, in un gioco di rimandi pubblico-relatore che va a scapito talvolta della relazione. Molto bello, come sempre, lo spazio dedicato a bambini e ragazzi.
Encomiabili i 600 volontari, da quest’anno affiancati anche da un servizio di sicurezza, per la maggior parte studenti delle superiori, alcuni in alternanza scuola-lavoro, impegnati, con la macchina fotografica a fianco di fotografi professionisti, altri addetti al controllo dei biglietti o alla presentazione degli eventi. A tal proposito sarebbe opportuno fornire loro indicazioni sulla corretta pronuncia dei nominativi dei relatori e inoltre sulla modalità di accogliere e magari accompagnare persone disabili.
Archiviata la XIV edizione del Festival della Mente, che siamo certi avrà soddisfatto commercianti e tutta la città di Sarzana, c’è tempo per guardare alla prossima edizione, magari rivedendo qualcosa della programmazione che, a nostro giudizio, sembra, in questi ultimi anni, aver perso qualcosa delle prime indimenticabili edizioni.
Festival in musica
Il Festival della Mente anche quest’anno ha proposto incontri con musica: l’interessante incontro con il maestro Omer Meir Wellber, il concerto per pianoforte e violino di Nyman e Tifu e quello straordinario di Fabrizio Bosso e J.O. Mazzariello. La musica era lì quasi a ricordare che la mente ha bisogno di abitare anche questa straordinaria dimensione fra il divino e l’umano. Sembrava piovesse venerdì 1 settembre, ma della pioggia nessuno si è più preoccupato quando in fortezza Firmafede sono risuonate, dalla tromba di Fabrizio Bosso, le note di Domenica, il popolare motivo di Gorni Kramer. Così è iniziato il concerto “Tandem”: Bosso e il bravo pianista Julian Oliver Mazzariello (nella foto) hanno pedalato insieme su straordinarie strade musicali, incantando il numeroso pubblico con suoni avvolgenti e con dialoghi sonori, eseguendo brani quali Nuovo Cinema Paradiso di Morricone, In a sentimental mood di Ellington e quelli, non meno belli, composti dallo stesso Fabrizio Bosso, ad esempio Rumba for Kampei e Dizzy’s Blues. È un jazz affascinante il loro che anche i non addetti ai lavori ascoltano con piacere e attenzione. Nessun commento, nessuna presentazione rompe l’intesa fra i musicisti e il pubblico che non si perde una nota, anzi sembra farsi trascinare in alto quando Bosso fa uscire dalla sua tromba note che si arrampicano in cielo. Già perchè questa è la magia del musicista torinese, avvolgerti con i suoi meravigliosi suoni, sussurrati, spesso intriganti e portarti per un attimo in terre lontane dalle quali non vorresti più tornare indietro. Ascoltando all’uscita i commenti di varie persone ci si rende conto di come la musica di Fabrizio Bosso sia un modo per regalare alle persone momenti di felicità che durano oltre il tempo del concerto. Infatti ci si ritrova in strada, in un particolare stato di benessere, quei suoni riecheggiano quasi a preservarci per un attimo dai rumori sgraziati e dalle volgarità sonore, insomma da tutto ciò che non è musica. (F. R.)
Fabrizio Rosi