
Pierluigi Peracchini è il nuovo sindaco del capoluogo del Golfo
La Spezia ha svoltato, come molti si attendevano. Dopo 46 anni si interrompe la lunga teoria dei sindaci provenienti dal Partito Comunista e dalle sue successive filiazioni, Pds, Ds e Pd. A mettere termine all’egemonia “rossa” nella città più importante e popolosa del comprensorio apuano-lunense è stato Pierluigi Peracchini, ex segretario generale della Cisl provinciale, a capo di una coalizione Lega-Forza Italia più alcune liste civiche. Con 20.636 voti (60%) domenica ha sconfitto il dirigente scolastico Paolo Manfredini, socialista, a capo di una coalizione a guida Partito Democratico. Manfredini si è fermato a 13.771 (40%), quasi 8 mila voti in meno di quelli con cui 5 anni fa Massimo Federici venne riconfermato sindaco al primo turno. Con la vittoria di Peracchini, tutta l’area del Golfo della Spezia è ora a guida centrodestra: oltre al capoluogo, anche sui municipi di Portovenere, Lerici e Ameglia (senza contare alcuni comuni della Val di Vara) sventola già da tempo la bandiera della coalizione Berlusconi-Salvini. Un risultato impensabile ancora pochi anni fa, nel Levante ligure, reso ancor più eclatante dalla ancor più storica conquista da parte del centrodestra di Genova e, due anni fa, della Regione. È senza dubbio Giovanni Toti l’artefice di questi successi: viareggino, ex giornalista Mediaset, guardato con sufficienza e qualche derisione dagli osservatori della politica che conta quando Berlusconi lo lanciò come “delfino”, fu candidato alla presidenza della Regione complice la sua residenza a Montemarcello e successivamente ad una vittoria insperata, consegnatagli dagli errori del Pd regionale, ha pazientemente costruito la propria tela, fatta di unità del centrodestra, anche quando questa non era più in agenda a livello nazionale, e lavoro sul territorio. A completare lo schema, gli errori dei Cinque Stelle e del loro fondatore Grillo, ma soprattutto la profonda crisi di autoreferenzialità del Pd.
A La Spezia le comunali sono arrivate quando ancora volavano gli stracci per la sconfitta delle regionali 2015, con la candidata lericina Paita in conflitto con Andrea Orlando, i duelli tra il sindaco Federici e il presidente del Porto Forcieri, a sua volta coinvolto in pesanti inchieste giudiziarie, l’abbandono da parte del “Partito” della sua tradizionale base elettorale. La frammentazione delle candidature e il percorso precluso alla base per l’individuazione del candidato sindaco sono state il preludio di una sconfitta annunciata anche da un clima nazionale assolutamente sfavorevole ai democratici, nonostante il rilancio del tessuto cittadino operato nell’ultimo decennio: le poche decine di persone presenti al comizio del ministro Orlando lasciavano prevedere il peggio. E così è stato. Che ne sarà ora dei progetti di sviluppo del Porto? Dei destini dell’Acam, la cui incorporazione in Iren è data per certa? E delle aree che Enel lascerà libere quando la centrale a carbone chiuderà nei prossimi anni? La giunta Peracchini, che ha già annunciato i primi interventi sulla raccolta dei rifiuti e sul tema della sicurezza, dovrà dare chiare risposte nei prossimi cinque anni. Allargando l’orizzonte oltre le colline della città, il nuovo assetto politico locale pone questioni serie su quali politiche territoriali – con importanti risvolti sulla Lunigiana – saranno prodotte in un ambito geografico sul quale insistono Liguria e La Spezia amministrata dal Centrodestra, Toscana e Massa dal Centrosinistra, Carrara dai Cinque Stelle. Se fino a poco tempo fa l’omogeneità politica poteva essere di auspicio per intraprendere, finalmente, una programmazione economica e territoriale in sinergia, i nuovi assetti elettorali sembrano allontanare questa opportunità. E la frammentazione potrebbe aumentare ancora: l’anno prossimo si rinnoveranno le amministrazioni comunali di Massa e Sarzana. E se il clima politico nazionale e locale rimane questo, le sorprese potrebbero non essere finite. (Davide Tondani)