
La prima intervista al neo presidente Cei. “Nelle cose mi sento più spinto dall’istinto del cuore che dall’intuito della ragione”. Toscano del Mugello, è nato a Marradi nel 1942: sacerdote dal 1966 è stato Vescovo prima a Massa Marittima, poi nella diocesi di Arezzo – Cortona – Sansepolcro, dal 2009 è arcivescovo di Perugia – Città della Pieve.

“Per me essere un improvvisatore significa essere il contrario di un calcolatore”. Lo ha precisato, in apertura della sua prima conferenza stampa da presidente della Cei, a chiusura della 70ª assemblea dei vescovi italiani, il cardinale Gualtiero Bassetti. “Nelle cose – ha spiegato – mi sento più spinto dall’istinto del cuore che dall’intuito della ragione”.
Quanto al fatto che la sua elezione sia avvenuta al “tramonto” della sua vita, Bassetti ha commentato: “Il tramonto è una cosa bellissima, è il preludio ad un nuovo giorno”. Poi ha scherzato: “Ero particolarmente confidente sulla mia giovane età e pensavo: ‘Vediamo un po’ chi sarà eletto…’ Da principio ero come sgomento, poi ho visto l’affetto dei vescovi, e altrettanto affetto da parte del Santo Padre, e allora mi sono sentito incoraggiato dai miei fratelli: insieme potremo ancora fare qualcosa di bello”.
Sacerdote, rettore del Seminario, vescovo
Il nuovo presidente dei Vescovi italiani è nato a Popolano, località di Marradi, in diocesi di Faenza – Modigliana, il 7 aprile 1942, primo dei tre figli di Arrigo e di Flora Nannini. Nel 1956 entra nel Seminario Arcivescovile della Diocesi di Firenze. Il 29 giugno 1966 riceve l’ordinazione presbiterale dal card. Florit. Inviato vice-parroco a San Salvi, è chiamato nuovamente in Seminario, prima, nel 1968, come assistente, poi, nel 1972, come rettore al Minore. Nel 1979 il card. Benelli gli affida l’incarico di rettore del Seminario Maggiore. Il card. Piovanelli, nel 1992, lo nomina vicario generale. Eletto Vescovo di Massa Marittima – Piombino il 3 luglio 1994, sceglie come motto: “In charitate fundati”. Ordinato vescovo l’8 settembre 1994 dal card. Piovanelli nella basilica di San Lorenzo, dieci giorni più tardi fa il suo ingresso in Diocesi. Il 21 novembre 1998 è eletto Vescovo di Arezzo – Cortona – Sansepolcro; il 16 luglio 2009 è nominato arcivescovo di Perugia-Città della Pieve. È stato vicepresidente della Conferenza episcopale italiana fino alla sua elezione a presidente. “La mia – dichiara in una intervista al Sir – è una storia dove ha sempre predominato la speranza nonostante le tragedie” e sottolinea una “fortuna grande, quella di aver avuto formatori come Turoldo, La Pira, Milani, Agresti, Bartoletti, Piovanelli…”.
A tutto campo le domande dei giornalisti e le relative risposte. “La Chiesa post-conciliare dialoga con tutti, ma sul piano politico vorrei fare una distinzione tra la politica con la ‘p’ minuscola – quella dei partiti, che io rispetto – e la politica con la ‘P’ maiuscola, che riguarda il bene comune e il bene di tutti. La Chiesa vuole impegnarsi fino in fondo su questo secondo aspetto”. Tra i “problemi fondamentali” quelli riguardanti la famiglia e i giovani. Sull’accoglienza, Bassetti ha ribadito che “chi è profugo va accolto”, sia pure con le “regole necessarie”. Ha quindi ricordato l’iniziativa della Cei ‘Liberi di partire, liberi di restare’: “Dobbiamo promuovere una mentalità affinché si creino le condizioni che permettano ai migranti di poter restare” a casa loro.
Nessuno sconto sulla pedofilia: “I bambini non si toccano, sono sacri… la Chiesa ha fatto e sta facendo tutto il possibile per eliminare il problema”. “Se c’è qualche smagliatura è un problema di qualcuno, ma noi siamo molto vigili e molto attenti”.
Sul fine-vita una raccomandazione: “La legislazione deve tenere molto più conto del medico” e un mea-culpa a proposito dei malati terminali: “Non diamo a queste persone l’assistenza, la vicinanza, l’amicizia, l’affetto di cui avrebbero bisogno”.

“L’Amoris Laetitia – ha affermato riguardo alla famiglia – è un capolavoro e, quindi, anche una sintesi su tutta la dottrina della Chiesa sul matrimonio e la famiglia”. “C’è un passaggio” del documento del Papa che “va capito”, pena il totale fraintendimento: “Non bisogna fare questa omologazione: che ogni situazione irregolare è peccato mortale”. “Il Papa non parla di ammissione o no al sacramento, parla di discernimento”, e discernimento significa “verificare qual è la reale situazione di una persona e di una coppia, iniziare un cammino, anche penitenziale se necessario, e poi vedere come stanno le cose”. “Chi fa osservazioni sbaglia, perché non è un documento qualsiasi, e dunque opinabile, ma un documento del magistero”. “Leggete e capite”, l’invito.
Ad una domanda sulla terza edizione del “Family Day”, annunciata in autunno, e sulla teoria del “gender”, il cardinale ha risposto ricordando che “la dottrina della Chiesa è molto chiara, e la Chiesa continuerà a proporre la sua dottrina”. “La Chiesa, però, dialoga anche col mondo”: “Io non ho paura del dialogo, ho paura del pressappochismo, di chi nel dialogo non ha un’identità per poter dialogare”.
Un vero e proprio grido d’allarme quello lanciato sui giovani – “la mancanza di lavoro, ai nostri ragazzi, toglie la dignità” – e contro “i tanti lupi rapaci che fanno di tutto per rubare la speranza dal cuore dei giovani”. Una risorsa dei nostri territori è l’oratorio, che è “una ricchezza, un plusvalore”, uno strumento “non solo pastorale, ma anche culturale, missionario”.
Un richiamo al Papa anche sulla povertà: “Il Papa ci chiede di stare attenti a cos’è che produce gli ingranaggi che danno vita alla ‘cultura dello scarto’”. Francesco, rispetto ai Papi che lo hanno preceduto e ai documenti, anche del magistero, in cui i poveri vengono definiti gli “ultimi”, ha fatto un passo in più, usando la parola “scarto”: “Dappertutto, anche nel Giro d’Italia, esiste l’ultimo, ma lo scarto non è più considerato una persona: è un’altra cosa, è spazzatura”.
Infine, un pensiero a Barbiana e a Firenze. “Ci sarò con il cuore”. Questa la modalità con cui il presidente della Cei sarà a Barbiana con il Papa, il 20 giugno prossimo, lui che don Milani l’ha “conosciuto bene”.
Poi il tributo alla Chiesa di Firenze, e alla tradizione nata con La Pira e Dossetti e proseguita con il cardinale Piovanelli, “che è stato il mio maestro”. Intensi anche i rapporti con l’ebraismo, come quelli con il rabbino Belgrado, conosciuto quando era giovanissimo, durante l’alluvione di Firenze del 1966.
M.M.N. – Agensir