Don Primo Mazzolari e i pontefici, storia di  amore e di sofferenza

In attesa del Papa a Bozzolo il 20 giugno

donPrimoMazzolariIl libro “Anch’io voglio bene al Papa” nasce da un’intuizione di don Primo Mazzolari per commemorare l’anno giubilare di Pio XII. Il parroco cremonese pensa di fare cosa gradita, confortato dalla prima reazione del suo vescovo, mons. Giovanni Cazzani: “L’ho letto come d’un fiato, e mi è proprio piaciuto”.
In verità, al Santo Padre il volume non è piaciuto affatto, come ha rivelato mons. Giovanni Battista Montini, allora sostituto della Segreteria di Stato: il parroco di Bozzolo ha scritto del Papa in modo “troppo umano”. L’intenzionalità benevola di don Mazzolari verso Pio XII ha sbattuto contro l’improbabile condivisione di alcune affermazioni, come ad esempio: “Anche il Papa è un povero, il povero del Signore”; “Anch’egli è un povero, un questuante: anch’egli ha bisogno di essere benedetto dall’ultimo de’ suoi figlioli per poter rispondere alle tremende responsabilità cui la divina Provvidenza volle chiamarlo”.
Il terzo capitolo del libro iniziava con una confessione: “Sono andato in Vaticano in tempo di guerra. Ho visto Benedetto XV nel ’17; Pio XII nel ’41. Per questo i ricordi delle mie visite sono poco festosi”. In realtà don Primo, talora poco preciso nelle date, era stato a Roma nel maggio 1918, pronto a ricevere la nomina di cappellano militare e nell’occasione era rimasto deluso di fronte alla basilica di San Pietro, così fredda da non favorire “l’animo di inginocchiarmi e dire una preghiera”.
Il secondo appuntamento di Mazzolari con il Papa è riferito in un articolo pubblicato l’11 ottobre 1941 sul quotidiano “L’Italia” di Milano. Titolo: “Ho visto il Papa”. Con ogni probabilità, in seguito a quell’incontro si è fatta strada l’idea del libro “Anch’io voglio bene al Papa”, sgradito in Vaticano come il successivo, “La carità del Papa”, scritto nel 1956 dopo frequenti viaggi infrasettimanali nella capitale.
Per vedere quest’ultima opera in una libreria ci son voluti 34 anni. Solo con Giovanni XXIII la musica cambia. Il celebre incontro del 5 febbraio 1959 è stato un evento straordinario, osteggiato fino all’ultimo. Il saluto benevolo del Papa ha chiuso un capitolo doloroso: “Ecco la tromba dello Spirito Santo in terra mantovana”. Sul diario personale don Primo commenta l’incontro con parole di gioia: “Esco contento. Ho dimenticato tutto”. Il 1° maggio 1970 Paolo VI ha ammesso che don Mazzolari “camminava avanti con un passo troppo lungo e spesso noi non gli si poteva tener dietro!”. Persino Giovanni Paolo I, protagonista di un brevissimo Pontificato, ha affermato: “Don Primo fu un uomo leale, un cristiano vero, un prete che cammina con Dio, sincero e ardente. Un pastore che conosce il soffrire e vede lontano”.
Nell’udienza del 1° aprile 2009, in occasione del 50° della morte di don Primo, Benedetto XVI ne ha elogiato il “profilo sacerdotale limpido di alta umanità e di filiale fedeltà al messaggio cristiano e alla Chiesa”. Papa Francesco nel 2016 ha scritto un testo autografo per presentare il volume “La parola ai poveri”: “Don Primo Mazzolari, sacerdote coraggioso, ci ricorda che i poveri sono la vera ricchezza della Chiesa, i poveri sono l’unica salvezza del mondo!”.
Il prossimo 20 giugno Francesco giungerà a Bozzolo per rendere omaggio di persona al prete di periferia, all’amico dei poveri. Come si intuisce, il vento è cambiato. Piano piano. Quando don Primo scriveva “Anch’io voglio bene al Papa”, Roma non gradiva. Ora, da qualche decennio, è il Papa in carica a dire “Anch’io voglio bene a don Primo”. E lui, l’apostolo della misericordia, avrà di che sorridere in cielo…

(B.B. – Agensir)