Al centrodestra Genova, Pistoia, La Spezia. Carrara al M5S.
Il PD e i suoi alleati sono usciti con le ossa rotte: hanno vinto in 7 comuni di capoluogo su 24; il centrodestra è passato da 6 a 15 nei capoluoghi. Ma il grande vincitore di questi ballottaggi è stato l’assenteismo.
I tempi e le regole della politica stanno cambiando velocemente. I partiti non riescono più a coagulare consensi duraturi.
Il primo turno elettorale aveva visto la scomparsa dalla scena delle amministrative del Movimento 5 Stelle. Questa volta, al ballottaggio, a cantare vittoria è il centrodestra, soprattutto Salvini, che ha visto il suo elettorato prevalere su quello di Berlusconi e della Meloni. Su Berlusconi di poco, ma questo gli offre la possibilità di alzare la posta in caso di eventuali coalizioni in vista delle elezioni politiche.
Il centrosinistra è uscito con le ossa rotte: ha vinto in sette comuni di capoluogo su 24 e ha conservato altri 67 sindaci nei 160 comuni con più di 15.000 abitanti. Il centrodestra da parte sua è passato da 6 a 15 nei capoluoghi e da 41 a 59 negli altri. Se si pensa che il Pd ha perso per la prima volta a Genova e a Pistoia, città da sempre governate dal centrosinistra, e all’Aquila, importante per il suo valore simbolico, a poco serve consolarsi con la vittoria a Padova, Lecce e Taranto.
La legittima soddisfazione dei vincitori dovrebbe però tener conto di un fatto preoccupante: il grande vincitore di questi ballottaggi è stato l’assenteismo, mai così elevato. Soltanto il 45,9% degli aventi diritto al voto si sono recati ai seggi: cinque anni fa si era passati dal 68,8 del primo turno al 54,7 del secondo; questa volta dal 65,4 si è scesi ben al di sotto del 50%.
Ma c’è anche un altro fenomeno, già registrato in passato: al ballottaggio si cerca di sconfiggere chi non piace. Il nemico in questo caso era il Pd di Renzi. Così può succedere, come a Genova e all’Aquila, che il candidato di centrosinistra prevalga alla prima tornata poi perda al ballottaggio.
Nel successo del centrodestra hanno avuto un forte peso i voti dei grillini. Dall’analisi dei flussi elettorali effettuati dall’Istituto Cattaneo, che prende in considerazioni 11 città capoluogo, risulta che il 32,1% degli elettori che nel primo turno avevano votato M5S hanno riversato i loro voti su Berlusconi e Salvini. Evidentemente non c’è solo questo.
Chi è al governo, soprattutto in tempi grami, è sempre in difficoltà nell’affrontare le elezioni. Se a questo si aggiungono le diatribe, le polemiche continue e le frammentazioni avvenute in questi ultimi anni, diventa difficile per il Pd dare un’immagine positiva di sé. In più, in tempi nei quali il terrorismo incute timore nella gente, non ha certo favorito la fretta con cui si è voluta portare in Parlamento in tempo elettorale una legge come quella dello “ius soli”, legittima e necessaria per un Paese civile, ma certamente deleteria sul piano della propaganda per i tanti nervosismi che provoca. Magari aggiunta alla costruzione, a Sesto San Giovanni, della più grande moschea d’Europa.
Se a questo si aggiunge il decreto salva banche il cerchio si chiude. Ora c’è chi vuole la resa dei conti, ma, visto che ormai le elezioni politiche sono vicine, sarebbe opportuno sotterrare l’ascia di guerra e guardare al futuro e al bene del Paese. Perché certe polemiche non danneggiano solo una parte, ma tutta la politica. Malgrado la vittoria, neanche nel centrodestra le cose non vanno del tutto bene.
Le polemiche sono già in atto per le future alleanze e nella ricerca di una leadership. Per Fi non c’è discussione, per la Lega ci vuole il ballottaggio di coalizione. Ma c’è anche da mettere insieme le diverse anime: quella “liberale e moderata” e quella sovranista e demagogica, quella europeista e quella che almeno vorrebbe un referendum per uscire dall’euro.
Giovanni Barbieri