La sorte dell’altare del convento del Carmelo di Codiponte

Oggi può essere ammirato a Minucciano nella pieve di San Lorenzo

L'altare codiponte
L’altare

La soppressione degli ordini religiosi, dei conventi maschili, dei monasteri femminili, delle compagnie e delle congregazioni laiche attuate da Pietro Leopoldo, (Granduca di Toscana dal 1765 al 1790, noto soprattutto per l’abolizione della pena di morte) è stato un processo che si è realizzato per gradi, attraverso singoli provvedimenti che rientravano all’interno di un più ampio quadro di riforma religiosa che Leopoldo riproponeva in Toscana, in linea con la politica ecclesiastica attuata nell’impero asburgico dal fratello Giuseppe II, nota con il nome di “Giuseppinismo”. L’intenzione era quella di creare una Chiesa toscana totalmente indipendentemente da Roma, dando appoggio politico alla nomina a vescovo della diocesi di Pistoia e Prato di Scipione de’ Ricci, di cui erano note le simpatie gianseniste riguardanti la predestinazione. In quel periodo venne soppresso anche il convento di Codiponte, di cui rimangono ancora evidenti i ruderi delle mura e persino di alcune grotte dove le monache pregavano, i resti della cappella, spezzoni di colonne, nonché tracce dell’acquedotto che lo riforniva di acqua. Terreni e beni vennero venduti; anche quelli sacri, alcuni dei quali vennero recuperati: il portale maggiore che ora fa da ingresso alla pieve di Codiponte; la taumaturgica Madonna del Convento, “migrata”, insieme con 47 suore, fino alla chiesa di Santo Stefano Magra e di cui a Codiponte rimane una riproduzione. Sorte diversa ebbe l’altare del convento del Carmelo di Codiponte, che si trova ora nella pieve di San Lorenzo, dove può essere ammirato in tutta la sua bellezza con un prestigioso quadro dell’Assunta ed i supporti in marmo cromato. Esso fu acquistato da una famiglia benefattrice della pieve direttamente dal duca Leopoldo di Toscana, regnante dal 1765 al 1790, anno in cui fu chiamato a Vienna per diventare imperatore del Sacro Romano Impero e re d’Ungheria e Boemia. Placido Torre scrive: “Con dei barocci tirati da buoi, passando lungo il torrente Tassonaro, arrivò alla Pieve da Codiponte. Gli fu abbinato un obbligo di pagare tre Messe l’anno ai benefattori. Gli istituirono in dote due campi, i cui frutti andavano al Pievano. Si pattuì di ristabilire i vincoli e le leggi di una volta di Santa Romana Chiesa. La famiglia apparteneva alla dinastia dei Cecconi, antenati tra l’altro dell’illustre Maestro Giovanni Martini”. Corrado Leoni