
L’amministrazione conferma la volontà di uscita. Il vicesindaco Buttini assicura “entro la prossima primavera sentiremo il parere dei cittadini”
Fredda la reazione delle opposizioni “serve una progettualità per andare oltre le parole” dice Mazzoni. “La questione chiave è la centralità dell’acqua pubblica” sottolinea Battaglia

Come è noto, lo scorso 4 dicembre si è tenuto il referendum sulla riforma costituzionale. In quell’occasione, in base alle promesse elettorali del sindaco Lucia Baracchini, gli abitanti di Pontremoli quando si sono presentati alle urne avrebbero dovuto ricevere anche un’altra scheda: quella in cui esprimere la propria opinione sul fatto di restare o meno nel servizio idrico gestito da Gaia Spa. Un voto che avrebbe avuto solo un valore consultivo, ma che poteva rappresentare una leva politica importante per l’amministrazione per intraprendere un’azione decisa per uscire da Gaia. Come i pontremolesi hanno notato quella scheda non c’era ma il progetto resta aperto, come ci spiega il vicesindaco Manuel Buttini: “Per un problema di tempistica non siamo riusciti a far coincidere le due votazioni. Comunque abbiamo già iscritto a bilancio il costo per l’allestimento dei seggi”. Quindi, entro la prossima primavera i cittadini daranno il loro giudizio su Gaia, un voto che appare scontato e che l’amministrazione vuole utilizzare “per dare un segnale politico forte e spingere chi ci ascolta a dare delle risposte”. Intanto l’amministrazione, visto anche il cambio del quadro amministrativo di riferimento, sta studiando gli eventuali percorsi giuridici per una fuoriuscita e per dare più forza alla scelta c’è anche l’ipotesi di coinvolgere comuni limitrofi per realizzare assieme questa consultazione che possiamo azzardare a chiamare “anti Gaia”. Senza dubbio si tratta di un atto di palese contrarietà alla conduzione degli acquedotti da parte della società a capitale pubblico che dal 1° gennaio 2005 gestisce il servizio Idrico nell’ambito territoriale n.1 Toscana Nord. Sin dall’inizio l’insediamento di Gaia Spa non è stato salutato con tripudi di bandiere da parte degli abitanti delle aree interessate, anche perché, spesso, sono arrivate vere e proprie “stangate” per gli utenti che si sono visti anche triplicare le bollette. In tutta la Provincia, ma non solo, sono sorti come funghi i comitati “No Gaia” che hanno unito trasversalmente varie forze politiche. Ma, probabilmente, la storia che meglio simboleggia la contrarietà al gestore idrico è la resistenza del comune di Zeri, guidata dal sindaco Egidio Pedrini, che ha deciso di mantenere la proprietà e la gestione diretta delle proprie risorse idriche. La storia di Pontremoli è diversa: qui Gaia Spa (società battezzata come ‘carrozzone’ dalle amministrazioni di centrodestra) non è entrata fino a luglio 2013 quando, la passata amministrazione Baracchini accettò (obtorto collo) l’ingresso del gestore idrico in sostituzione di Azga Nord, società mista pubblico-privata che aveva gestito gli acquedotti pontremolesi dalla metà degli anni ’80 ed era fallita sotto il peso di 1,2 milioni di euro di debiti. Da allora il servizio idrico è stato al centro di polemiche soprattutto per i costi, sempre in lievitazione, in bolletta. Dalle opposizioni, intanto, arrivano freddi apprezzamenti per il referendum consultivo. “Sentire il parere della popolazione è sempre utile – sottolinea il capogruppo di Open Pontremoli Francesco Mazzoni – e noi siamo favorevoli ad un percorso di uscita da Gaia. Ma l’amministrazione deve sapere quale strada percorrere poi per dare sostanza al voto dei cittadini. Bisogna essere capaci di passare dalle parole ai fatti”. Umberto Battaglia de L’Altra Pontremoli centra il suo ragionamento sul concetto dell’acqua come bene comune “come sancito dal voto degli italiani con il referendum” e non si appassiona troppo alla consultazione. “Si potrebbe ipotizzare una gestione autonoma come sta facendo Zeri – dice – ma bisogna essere sicuri che poi non arrivino sulla testa dei cittadini i debiti pregressi di Azga Nord”. Insomma, tematica tutta ancora in divenire. Certo non si può dimenticare che solo cinque anni fa un referendum ha sancito la gestione pubblica del servizio idrico e che l’acqua non può essere considerata alla stregua di una merce. Ma è anche vero che la politica in questi anni si è comportata come se questo referendum non ci fosse mai stato. Quindi bisogna avere ben chiaro i passi da compiere perchè liberarsi di un “carrozzone” solo per poi trovarsene un altro, magari con una targa politica diversa (oggi è Pd), non sarebbe sicuramente un buon affare per i cittadini.
Riccardo Sordi