
Si può anche provare a buttarla sul leggero: i Paradise Papers non sono documenti che contengono le liste di coloro che hanno ottenuto il meritato premio e sono entrati per la porta sorvegliata da S. Pietro. Di ben altri “paradisi” si tratta, quelli noti nella definizione che li vede uniti a “fiscali” e qui la voglia di scherzare scappa subito, almeno a chi si ritrova ogni mese con trattenute alla fonte che rendono impossibile anche solo pensare di potersi intrufolare in quei “paradisi”.
La notizia ha fatto chiasso per i dettagli che i 13 e passa milioni di documenti del dossier forniscono. Nomi e cognomi, ampiamente diffusi dai media, di governanti, politici, industriali, finanzieri, gente dello spettacolo e dello sport che hanno deciso di affidare le loro già enormi ricchezze a società capaci di operazioni che, protette da un esile maschera di rispetto delle leggi, in realtà sfuggono ai controlli degli Stati e permettono di aumentare a dismisura il valore degli investimenti senza che tutto ciò sia noto ai Paesi di residenza. Un inciso: c’è da avere compassione per quanti, nel passato anche recente, non sono riusciti a farla franca e (anche in Italia) hanno dovuto fare i conti con il fisco “rimettendoci” un sacco di soldi e un po’ di immagine. Quando si vuole delinquere bisogna saperlo fare bene!
Peraltro, non sono trascorsi molti anni da quando un noto politico, presidente del Consiglio, ebbe ad esprimere la sua comprensione nei confronti di chi era “obbligato” ad evadere le tasse per difendere i suoi guadagni. Al di là delle battute e delle polemiche, la fuga di notizie dai sancta sanctorum della finanza, crea, almeno in noi, uno scompiglio difficile da metabolizzare. Sono noti i guadagni stramilionari di sportivi, cantanti e attori più in vista; con un po’ di fantasia tutti possiamo immaginare quelli di altri personaggi pubblici e già certe cifre creano scandalo, potendo bastare per vivere da pascià migliaia di vite anche longeve. Ora si scopre che tutto questo non basta.
Non basta sfruttare la notorietà per vivere al di sopra delle righe; non basta essere in grado di fare investimenti “normali” che già permettono lauti guadagni. Non si vogliono accettare limiti all’arricchimento e allora si percorrono quelle vie che permettono di mantenere una bella immagine di facciata mentre si fanno soldi aggirando le regole fiscali, che a questo punto diventano solo una presa in giro per chi ragiona in termini di centinaia, al massimo qualche migliaio di euro. Il tutto condito con le dichiarazioni ufficiali secondo le quali tali operazioni sono state fatte “nel rispetto delle leggi applicabili”.
Noi preferiamo aderire a quanto affermato dalla studiosa Brooke Harrington: “Quando il ricco diventa più ricco, il povero diventa più povero, perché i ricchi non pagano la loro giusta quota di tasse”.
Antonio Ricci