

Significativi i gesti compiuti dal Papa in quei “venerdì della misericordia” con i quali ha voluto riproporre le sette opere corporali e spirituali. La misericordia è la trama che fa da base al pontificato di Francesco, impegnato a smantellare l’immagine di un Dio sovrano vendicativo e giudice impassibile. La misericordia è “il messaggio più forte del Signore”, è il nome stesso di Dio. – 18 dicembre: Papa Francesco apre la Porta Santa della Carità all’ostello della Caritas alla stazione Termini di Roma: una porta che si apre sul mondo dei tanti scartati dalla società, perché è lì su quei volti che troviamo il volto di Gesù. – 24 marzo: Papa Francesco celebra la messa in Coena Domini al Centro di accoglienza di Castelnuovo di Porto. Non solo vede e racconta il dramma dei migranti, ma si rende vicino a queste donne, uomini e bambini andando a trovarli perché “i gesti parlano più delle immagini e delle parole”. – 16 aprile: a Lesbo, con Bartolomeo I e Ieronymos II incontra 2.500 profughi “per stare con voi… per richiamare l’attenzione del mondo su questa grave crisi umanitaria e per implorarne la risoluzione. Poi una casa di riposo, un centro malati gravi, una comunità per disabili, un hospice, un pronto soccorso, la comunità Monte Tabor; un reparto di neonatologia, una casa della “Comunità Giovani XXIII”. L’ultimo venerdì Francesco lo dedica a quei preti che hanno lasciato il sacerdozio per formare una famiglia, per offrire un segno di vicinanza e di affetto. Perché la Chiesa è chiamata “a curare le ferite, a lenirle con l’olio della consolazione, a fasciarle con la misericordia e curarle con la solidarietà e l’attenzione dovuta”.
(A.R.)