
Restano in primo piano i problemi più urgenti degli Stati membri
Terrorismo e minacce alla sicurezza, instabilità politica e conflitti regionali, accoglienza “solidale” dei migranti, ripresa economica e permanenza di un elevato livello di disoccupazione specie giovanile, negoziati per la Brexit: l’ agenda europea sembra si sia fermata sulle pagine di fine luglio e, alla ripresa di settembre, i problemi in cima alla lista dell’UE sono gli stessi, alcuni dei quali – a partire proprio dal terrorismo – acuitisi nel frattempo.
Riprendono da qui i lavori delle istituzioni di Bruxelles e Strasburgo. Parlamento e Commissione hanno aperto i battenti, mentre l’attenzione generale è proiettata verso il 13 settembre, quando il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, pronuncerà dinanzi al Parlamento di Strasburgo il tradizionale “discorso sullo stato dell’Unione” con le prospettive politiche dei mesi successivi.
Con il discorso sullo stato dell’Unione, infatti, il capo dell’Esecutivo “fa il punto della situazione per l’anno appena trascorso e presenta le priorità per l’anno successivo”. Al discorso – pratica introdotta dal Trattato di Lisbona – segue un confronto con gli eurodeputati e con i rappresentanti del Consiglio dei ministri Ue. Juncker, che sta lavorando in queste ore al discorso, terrà conto anche dell’esito del vertice euro-asiatico del 28 agosto a Parigi, in cui sono stati compiuti, almeno nelle intenzioni, dei passi avanti sulla risposta al fenomeno migratorio, uno dei problemi da tempo nell’ agenda europea.
L’intesa tra Francia, Germania, Italia e Spagna è significativa, specie laddove conferma il tentativo europeo di coinvolgere progressivamente i Paesi di origine e di transito nella risposta al fenomeno dei profughi, siano essi in fuga dalla guerra o dalla povertà o dai cambiamenti climatici. Alcune delle ipotesi emerse all’Eliseo appaiono difficili da realizzare e alcune di esse anche discutibili sul piano dei diritti e della dignità umana (hotspot in Libia?). Ma non va trascurato il tentativo di regolare i flussi anche per favorire l’accoglienza e l’integrazione sul territorio europeo, contrastare la tratta, programmare aiuti considerevoli rivolti allo sviluppo dell’Africa stessa e alla stabilità democratica, rivedere il Regolamento di Dublino e la politica di asilo. Si viaggia ancora a vista in innumerevoli settori, ma una concertazione europea di fronte al terrorismo, agli esodi di massa, allo sviluppo economico e sociale dei Paesi Ue, e in tanti altri ambiti fra cui la politica estera, appare ormai irrinunciabile.