Messaggio di pacificazione del Papa dimenticato dai media
Papa Francesco in Indonesia: incontro interreligioso presso la Moschea Istiqlal (Foto Vatican Media/SIR)

C’è stato un viaggio ai confini del mondo, in Asia e Oceania di cui, nella grande stampa, non si è avuto notizia. Delle quasi due settimane di viaggi, di incontri con popolazioni, culture, gente umile, emarginata e con capi di Stato era estremamente difficile trovare tracce nei grandi quotidiani. Erano evidentemente interessati a questioni più importanti quali i rapporti Sangiuliano-Boccia. Improvvisamente si scopre che Papa Francesco ha concluso il suo più lungo viaggio pastorale e, come da tradizione, sull’aereo di ritorno, si offre ai giornalisti per la consueta conferenza stampa. Non c’è alcuna domanda che riguardi i temi del viaggio. Le domande riguardano “altre robe”: le elezioni americane, la guerra di Gaza, i rapporti della Santa Sede con la Cina… Si tratta di tematiche certo importanti e ognuna richiede attenzione per le tante conflittualità. Così il Papa si conquista l’onore della prima pagina (almeno con una foto notizia) per le sue opinioni sui candidati alle presidenziali americane: “Ambedue sono contro la vita, sia quello che butta via i migranti sia quello che uccide i bambini. Ambedue sono contro la vita”.

L’incontro di Papa Francesco con i giovani di Scholas Occurrentes a Giacarta (Indonesia) Foto Vatican Media/SIR

“Nell’Antico Testamento c’è un ritornello: l’orfano, la vedova e lo straniero, cioè il migrante. Sono i tre che il popolo di Israele deve custodire. Chi non custodisce il migrante, manca, è un peccato, un peccato anche contro la vita di quella gente”. “Fare un aborto è uccidere un essere umano”. Il cattolico voti per il male minore. Tuttavia in tutto il suo viaggio il Papa aveva voluto dare un segnale di pacificazione, di inclusione e le tematiche da lui affrontate con le chiese locali, con le autorità, con le popolazioni, in un viaggio strano che toccava la povertà estrema (Timor Est) e l’ipersviluppo (Singapore). Si sa quanto in questo momento sia drammatico il confronto tra le tante anime dell’Islam e il mondo occidentale. La firma congiunta del Papa col grande Iman di Giacarta nel “tunnel dell’amicizia” era un segnale inviato al mondo di una convivenza possibile e realizzabile. Fa più notizia la guerra di Gaza con le sue distanze e i suoi odi. Non sono mancati i richiami ad uno sviluppo equo e sostenibile “che promuova il benessere di tutti, nessuno escluso”. Detto nelle estreme periferie del mondo è anche un richiamo all’inclusione dei Paesi che non hanno voce. In quel contesto l’invocazione alla pace per le nazioni non poteva dissociarsi dall’invocazione alla pace per il creato. A Singapore non poteva non parlare di tecnologizzazione e di intelligenza artificiale, ma ancora una volta ha voluto sottolineare ciò che unisce più che ciò che divide: la coesistenza di etnie, culture e religioni diverse, una “positiva inclusività” favorita dall’imparzialità dei poteri. Questo nostro mondo è ammalato di sensazionalismo. Il Papa non è andato laggiù a raccontare barzellette. Le tematiche proposte e le situazione messe in evidenza dalla sua presenza potevano avere maggior rilievo.

Giovanni Barbieri