
Non è prevista l’abolizione della legge Fornero

Diverse sono le perplessità che la proposta di legge di bilancio presentata lunedì da Giorgia Meloni, al termine di un altro “Consiglio dei ministri sprint”, suscita non solo in chi, come l’opposizione, per “mestiere” deve esprimere critiche all’operato della maggioranza, ma anche in chi legga con un certo distacco quanto sta avvenendo in termini di manovra 2024.
La prima cosa che lascia perplessi è la dichiarazione della premier, secondo la quale in Parlamento non saranno presentati emendamenti alla legge da parte dei partiti della coalizione di centrodestra. Una decisione che vorrebbe esprimere una compattezza da verificare al momento della discussione in aula, ma che, comunque, lascia aperta la porta alle critiche sul ruolo marginale riservato al Parlamento.
Non mancano, però, le perplessità anche sulla sostanza dell’intervento. Complice la situazione di difficoltà economica, non sono poche le rinunce a mettere in pratica gli slogan della campagna elettorale. Si comincia con le pensioni e con il superamento della legge Fornero.
In realtà, oltre a non prevedere nuove forme di flessibilità in uscita, si registrano una stretta sul pensionamento anticipato, l’eliminazione dell’Ape sociale e l’Opzione donna. Quanto alla Quota 103, essa cambia ma per diventare Quota 104 (63 anni di età e 41 di contributi.
Per affermazione dello stesso ministro Giorgetti, “l’accesso agli anticipi sarà più restrittivo”. Qualcosa di positivo viene introdotto ma, di fatto, manca il “bersaglio grosso”.
Inadeguati sono ritenuti dai più i 3 miliardi stanziati per la Sanità. “Da noi nessun taglio”, si è difesa Giorgia Meloni, ma la cifra, anche se in termini assoluti fa salire il Fondo sanitario nazionale a 139 miliardi, non è di certo quella ritenuta necessaria.
Il timore è che la riduzione delle liste di attesa possa essere raggiunta facendo ricorso in modo più massiccio alle strutture private.
Fa inoltre discutere anche la norma che prevede l’iscrizione a pagamento nel Ssn per cittadini extra comunitari tramite il versamento di un contributo di 2mila euro all’anno.
Nella manovra da quasi 24 miliardi, di cui 16 in deficit e 8 che dovrebbero derivare da tagli alle spese dei ministeri, vengono conservati il taglio del cuneo fiscale, gli aiuti alle famiglie per la lotta alla denatalità; non si parla più di flat tax ma si riducono gli scaglioni Irpef da quattro a tre.
A mancare, ma non avviene solo oggi, sono le riforme strutturali, dalle quali potrebbero risultare per lo Stato entrate stabili. Molti dei provvedimenti sopra citati, invece, sono a scadenza nel 2024, senza prospettive di continuità. Il fatto di aver impostato una Manovra “realistica” è segno di ragionevolezza ma non porta sollievo il fatto che tra le entrate siano previsti i ricavi da cessioni di beni dello Stato e ancora meno l’ostinazione di una parte di finanziamenti per il Ponte sullo Stretto, che appare più un contentino per Salvini che un vero e proprio impegno per il futuro.
Antonio Ricci