
Triplicate le bollette di luce e gas, più che raddoppiati i costi delle materie prime. Abbiamo contattato alcuni panifici del territorio per farci raccontare la loro situazione
Bollette della luce e del gas alle stelle, costi delle materie prime moltiplicati a dismisura: “non ce la facciamo più, rischiamo di chiudere” è questo il grido d’allarme lanciato da alcuni panettieri lunigianesi che abbiamo contattato per monitorare la situazione. In particolare i costi energetici sostenuti dalle imprese sono praticamente triplicati rispetto ad uno fa. E questo si fa sentire soprattutto in tutte quelle attività che lavorano a ciclo continuo con macchinari alimentati ad energia elettrica o con forni a gas come i panificatori. “Il caro bollette sta diventando una variabile impazzita ed incontrollabile per le imprese della panificazione che distrugge bilanci e redditività aziendali – ci dicono dal panificio “Cristina” di Mulazzo – perché ci troviamo con aumenti del 300%”. Come del resto sottolineano anche dal panificio “Tarantola” di Pontremoli “da una bolletta di circa 600 euro siamo passati ad una di oltre 1.600 euro. Se fino a qualche tempo fa si guadagnava poco, ora si cerca solo di arginare le perdite”.
Specie pensando che il discorso sugli aumenti lo si può applicare anche alle materie prime, a partire dalle farine, dall’olio, e da tutti altri prodotti necessari per il settore dell’arte bianca “una confezione di lievito sino a pochi mesi fa ci costava 20 euro, oggi 40 euro” ci confermano dal panificio “Ferdani” di Villafranca “ed è un dato che ritroviamo in tutti prodotti che acquistiamo”. In pratica tutte le materie prime sono “sempre in continuo aumento – rimarcano dal forno Tarantola – il burro che costava circa 4 euro al kg, ora se si è fortunati lo si trova a nove euro, a patto di acquistarne grandi quantità. Ma quasi sempre sfiora e supera i 10 euro”. E lo stesso vale per farina che, ci confermano in coro tutti i ristoratori “è più che raddoppiata. Dagli 0,40 euro al kg ora difficilmente si può sperare di acquistarla a meno di 1 euro al kg”. Insomma la “situazione è tragica” come ci dicono in maniera laconica dal panificio “Sorelle Renzi” di Aulla perché i costi di gestione per i panificatori sono aumentati a dismisura. Problemi che si amplificano ulteriormente per chi, come il panificio “Cristina”, deve pagare l’affitto del locale. Almeno per ora, i panifici da noi interpellati sono riusciti a non fare tagli al personale e l’unico intervento operato è stato quello di un lieve incremento del prezzo di vendita del pane e degli altri prodotti da forno “ma si tratta di aumenti che certo non coprono i costi che dobbiamo sostenere”. Mentre c’è chi, come il panificio “Cristina”, sta ipotizzando “di ridurre la quantità di prodotto, puntando tutto sulla qualità e sui grani locali, per ammortizzare i costi”. “Purtroppo – sottolineano dal forno “Tarantola” – questo è l’ennesimo colpo che si abbatte sugli artigiani. Dopo la crisi del 2015-2016, la pandemia, questo aumento dei costi rischia di metterci definitivamente in ginocchio”. E tutti i panifici locali sono d’accordo “o in qualche modo si interviene al più presto o tra qualche mese dovremo chiudere”.
(Riccardo Sordi)
“Lunigiana Preziosa” a Pontremoli sforna 600mila pezzi l’anno
Anche il testarolo fa i conti con il caro-energia
Quanto “morde” il caro-energia sul testarolo, uno dei prodotti tipici di punta del nostro territorio che viene commercializzato ogni giorno su gran parte del territorio nazionale? Gli aumenti dei costi pesano molto anche qui: “la situazione è davvero difficile – spiega Michelangelo Benelli, titolare di ‘Lunigiana Preziosa’, azienda pontremolese nell’area artigianale di Santa Giustina – perché noi utilizziamo il gas per la cottura e la bolletta è aumentata di almeno quattro volte passando da una media di 1.500 euro ai 6.000 euro attuali”. Va un po’ meglio – si fa per dire – con l’energia elettrica: grazie ad un nuovo contratto stipulato nell’autunno scorso con tariffe bloccate l’aumento è limitato al 25%. Ma ci sono altri costi da considerare: la farina, ad esempio, ha visto un aumento notevole, anche di tre volte. Poi c’è la plastica per il confezionamento, la carta per le etichette, i vari imballaggi etc.. tutti materiali indispensabili che hanno subìto crescite vertiginose dei prezzi, a volte anche con incertezze relativamente alle consegne. “Nei periodi di punta lavoriamo anche 16 ore al giorno, ora siamo a 8 – continua Benelli – ma abbiamo anche dovuto ridurre di una unità la nostra forza lavoro; per il momento resistiamo in otto, ma non so fino a quando. Servono interventi urgenti se vogliamo preservare le realtà come la nostra e un tessuto produttivo artigianale che è in grande sofferenza”. Per ora di ritoccare il prezzo di vendita non se ne parla, rinunciando agli utili: troppo grande il rischio di vedere contratta una richiesta che al momento non sembra ancora conoscere crisi. Attiva da un decennio, ogni anno “Lunigiana Preziosa” sforna oltre 600mila pezzi, testaroli commercializzati in tutto il Centro e il Nord Italia, ma i problemi sono davvero tanti, le soluzioni non sono facili e soprattutto non dipendono dai produttori. “Il Covid ci ha creato enormi difficoltà, ma le abbiamo affrontate anche grazie agli strumenti a disposizione, come ad esempio la cassa integrazione – conclude Michelangelo Benelli – ma ora non sappiamo davvero come fare. Servono provvedimenti immediati: si pensi solo al fatto che se non si paga una bolletta si rischia il distacco immediato delle utenze, il che significa la chiusura dell’azienda”. (p. biss.)