
In un opuscolo di Orlando Lecchini l’esperienza vissuta dal vescovo di Pontremoli
La diocesi di Pontremoli nella persona del vescovo Giuseppe Fenocchio partecipò al Concilio Ecumenico Vaticano II celebrato in San Pietro dall’11 ottobre 1962 all’8 dicembre 1965. Fu trasmessa in tv l’emozionante immagine della processione di 2.800 padri conciliari. Il vescovo parlò ai fedeli: in tempi di universale logoramento auspicava anche per la nostra diocesi “una prodigiosa primavera di santità e di slancio apostolico” e invitava a superare le divisioni, a pregare con fiducia e spirito di carità. Il 9 ottobre in Duomo a Pontremoli ci fu una calorosa, partecipata manifestazione per il vescovo in partenza per Roma.
Per rinnovare l’impegno a realizzare in qualche modo il Concilio il prof. Orlando Lecchini, allora locale presidente dell’Azione Cattolica, pubblicò l’opuscolo L’ora del Concilio, edito da Tipografia Artigianelli nel 1968, anno centenario della nascita dell’Azione Cattolica in Italia e cinquantenario nella nostra diocesi. Una riflessione introduttiva dice della necessità quasi assoluta per Giovanni XXIII di aprire un Concilio, per rinvigorire la fede e la dottrina nel tempo delle profonde mutazioni del modo di vivere e di pensare, della rapida evoluzione delle scienze e dei rapporti.

Nella Costituzione pastorale Gaudium et spes Paolo VI osserverà che i singoli individui non potevano riflettere su eventi così grandiosi e accelerati, fu il Concilio l’avvenimento che meglio riuscì con senso di universalità a interpretare il valore e la complessità del presente e a tracciare le vie maestre del futuro mantenendo sempre l’uomo al centro della realtà terrena.
Orlando Lecchini osserva che il Concilio “lentamente percorre anche le strette vie della nostra Lunigiana, tanto meno proclive alle rapide e profonde trasformazioni, quanto più tenace e gelosa custode delle sue tradizioni e consuetudini”. La Chiesa veniva chiamata a riflettere su se stessa e a confrontarsi con il mondo per la salvezza del mondo stesso, a offrire orizzonti di verità, unità, carità. Conclusi i lavori conciliari da papa Paolo VI, quando il vescovo rientrò fu accolto con altrettanta manifestazione di entusiasmo: era il 12 dicembre 1965.
Riconobbe una buona riuscita del Concilio della cattolicità, carità e innovazione, condotto in piena libertà di discussione, allargato ai “fratelli separati” protestanti e orientali, presenti sempre coi loro Osservatori. Incredibile l’emozione data dall’abbraccio di Paolo VI col patriarca di Costantinopoli Atenagora mille anni dopo lo scisma d’Oriente. I padri tennero sempre presente tutta l’umanità nei suoi giganteschi problemi spirituali, etici, sociali, anche le delusioni e gli ansiosi pericoli, ma mons. Fenocchio proponeva speranza e fiducia di salvezza.
Il prof. Orlando Lecchini gli rivolse parole di riconoscenza e gratitudine e considerava i risultati grandiosi e li indicava: arricchimento del patrimonio dottrinale della Chiesa, vera sapienza che non si oppone alle scienze ma tutte comprende e ordina alla realtà soprannaturale e terrena dell’uomo; dimostrazione del tesoro immenso di carità posseduto dalla Chiesa; dimostrazione mirabile di unità pur nella differenziazione di indirizzi di scuole teologiche e di esigenze diverse; l’attenzione continua all’uomo e ai sui rapporti con Dio nei liberi dibatti; l’abitudine accentuata a pensare in senso più universale, più ecumenico; l’intensificato ruolo e la straordinaria importanza dei laici all’interno della Chiesa.
Il Concilio rivolse sette messaggi: ai governanti, agli uomini di pensiero, agli artisti, ai lavoratori, alle donne, ai poveri, ai giovani pensando ad una umanità nuova, a un nuovo umanesimo di pace e di affermazione dei diritti inviolabili della persona. Questo il rinnovato patrimonio portato ai fedeli della sua diocesi, al quale aveva contribuito, quasi sempre presente ai lavori conciliari. Maria Luisa Simoncelli