Mons. Palletti: “Per voi sono vescovo, con voi sono cristiano”

In concattedrale a Pontremoli, lunedì 14 febbraio, mons. Luigi Ernesto Palletti, guida della diocesi di La Spezia – Sarzana -Brugnato, ha avviato le celebrazioni per il bicentenario della diocesi di Massa

Mons. Palletti ha presieduto la celebrazione nel Duomo di Pontremoli

Ha preso il via in concattedrale a Pontremoli, lunedì 14 febbraio, il Triduo di preparazione alle celebrazioni per la ricorrenza dei 200 anni dalla fondazione della diocesi di Massa. Mons. Luigi Ernesto Palletti, vescovo di La Spezia-Sarzana-Brugnato, all’interno della celebrazione dei vespri, ha proposto una meditazione sul significato del rapporto del Vescovo con la Chiesa diocesana. Un tema non semplice da affrontare perché “si tratta di due realtà viventi e legate tra di loro. Da una parte il vescovo come successore degli apostoli, dall’altra la Chiesa locale come espressione autentica della Chiesa di Dio”.
Non due figure contrapposte né separate, anzi in stretto contatto tra di loro, tanto che l’una non può esistere senza l’altra. Mons. Paletti si è rifatto a un discorso di S. Agostino ai cristiani di Ippona, che mette bene in evidenza quel concetto: “nel momento in cui mi dà timore l’essere per voi, mi consola il fatto di essere con voi. Per voi infatti sono vescovo, con voi sono cristiano. Quel nome è segno dell’incarico ricevuto, questo della grazia; quello è occasione di pericolo, questo di salvezza. Infine, quasi trovandoci in alto mare, siamo sballottati dalla tempesta di quell’attività: ma ricordandoci che siamo stati redenti dal sangue di lui, con la serenità di questo pensiero, entriamo nel porto della sicurezza”.

Mons. Luigi Ernesto Palletti, vescovo della diocesi di La Spezia – Sarzana -Brugnato

“Bello – ha spiegato il vescovo della Spezia – questo modo del santo di rapportarsi con la sua comunità: è cosciente di esserne alla guida e di avere ricevuto un incarico legato al sacramento dell’ordine ma nel contempo non dimentica che se è pastore è anche membro della comunità che dirige, proprio perché battezzato. Non ci può essere contrapposizione né separazione. Pastore e gregge non possono fare a meno l’uno dell’altro; sono frutto e strumento di salvezza gli uni per gli altri e dentro questa relazione sta la relazione tra vescovo e Chiesa locale”.
“Certo – ha continuato – il vescovo incide sulla vita della sua comunità; è principio e fondamento dell’unità (ce lo ricorda la Lumen Gentium) perché è mandato e ordinato, quindi segno sacramentale di unità. La Chiesa locale, da parte sua, è tale solo perché è costituita attorno al successore degli apostoli”.
È San Paolo che sottolinea l’idea del servizio e, nella II lettera ai Corinzi, dice: “Non siamo padroni della vostra fede ma collaboratori della vostra gioia”. Pietro, a sua volta, pone il pastore come modello e non padrone del gregge. Un pastore, un gregge ma un unico popolo; c’è distinzione ma non c’è separazione perché sia il vescovo sia i fedeli appartengono ad un unico popolo che ha la sua radice nel battesimo.
Un pastore che si preoccupa che quel popolo possa essere annunziatore del Vangelo: “Il vescovo lavora assieme al suo popolo perché insieme possa essere annunziato il Vangelo di Cristo”. Nel “Credo” definiamo la Chiesa “apostolica” perché la crediamo fondata sugli apostoli e anche sui loro successori. È quanto afferma il Catechismo: “Tutta la Chiesa è apostolica in quanto rimane in comunione di fede e di vita con la sua origine attraverso i successori di san Pietro e degli Apostoli”. Ma aggiunge: “Tutta la Chiesa è apostolica, in quanto è ‘inviata’ in tutto il mondo; tutti i membri della Chiesa, sia pure in modi diversi, partecipano a questa missione”.
Non solo il vescovo, quindi, ma tutta la Chiesa si apre al mondo, certo, ognuno secondo la propria vocazione. Mons. Palletti ha poi proposto tre grandi immagini: la Chiesa popolo di Dio, Corpo di Cristo e tempio dello Spirito. “Non possiamo separare queste caratteristiche. Il vescovo governa la sua Chiesa ma nello stesso tempo non esiste senza il suo popolo. È custode dei gesti e delle parole di Gesù ma è dentro al popolo di Dio, rinato attraverso il sacramento del battesimo.
È Dio che chiama; il pastore deve accogliere, accompagnare, prendersi cura della comunità; deve essere sacramento di Gesù, renderlo presente. La dignità e la libertà dei figli di Dio devono essere accolte, rispettate e accompagnate. Si devono avviare processi perché il popolo di Dio, come una persona, cresce, si sviluppa, cammina nello Spirito. Dice il Papa a proposito del Sinodo che sappiamo da dove partiamo ma non dove arriveremo perché è lo Spirito che ci sta conducendo. Sta al pastore discernere che questo cammino sia veramente guidato dallo Spirito. Il grande servizio consiste nell’aiutare il popolo a mettersi insieme in modo ordinato: discernere, guidare, unire nello Spirito, camminare insieme.
Carismi e sacramenti diversi ma uno stesso fine e questa unione è dono dello Spirito stesso. Dopo aver enumerato l’abbondanza di doni presenti nella Chiesa, l’apostolo arriva ad affermare che il più grande è la carità. Camminare insieme senza contrasti è difficile perché siamo diversi. Se in casa abbiamo una porta che cigola, mettiamo un po’ d’olio: la carità svolge questa funzione nelle relazioni tra persone. Nella relazione tra il vescovo e la sua comunità, ha concluso mons. Palletti, è giusto evidenziare la bellezza ma anche la responsabilità dell’annuncio del Vangelo.

a.r.