Beethoven, quel genio musicale che raccontò il  mutare del mondo

Nel dicembre di 250 anni fa, da una famiglia di umili origini, nasceva a Bonn il grande artista innovatore che ha saputo influenzare la musica dei decenni a venire. Morì a Vienna nel 1827

Il volto di Beethoven reinterpretato da un artista di street art sul muro di una città
Il volto di Beethoven reinterpretato da un artista di street art sul muro di una città

Probabilmente pochi musicisti, ma forse potremmo dire artisti in genere, hanno saputo raccontare come Ludwig van Beethoven con la loro arte i grandi cambiamenti che si stavano susseguendo nel mondo nel corso della loro esistenza. Il periodo nel quale il geniale musicista nato a Bonn 250 anni fa, il 17 dicembre 1770, (anche se quella è la data del suo battesimo, non si sa con certezza se corrisponda a quella della nascita) ha svolto la sua attività s’inquadra nel tempo nato dalla Rivoluzione francese e che, attraverso le guerre napoleoniche, preludeva all’età moderna con le conquiste industriali, le ribellioni ideologiche, l’insopprimibile sete di libertà e indipendenza.
La società, nella quale Beethoven visse la sua tormentata esistenza, è attraversata da fremiti rivoluzionari: Goethe e Kant, il movimento letterario dello Sturm und Drang ed il Romanticismo, rivalutavano l’uomo in quanto fulcro propulsore del pensiero e dell’azione. E Beethoven raccontò tutto questo attraverso la sua musica, perciò la maggior parte delle sue composizioni non sono solo l’espressione di un sentimento indefinito, ma vere poesie musicali, che rispecchiano i diversi pensieri e le fasi drammatiche, nell’evolversi di questi in realtà: quasi “un’azione in suoni” (come del resto è testimoniato dal celebro attacco della quinta sinfonia, in cui Beethoven “vedeva e sentiva” il destino che bussava alla porta). Non a caso nella storia musicale, l’opera di Beethoven rappresenta una transizione tra l’era classica e l’era romantica.

Ludwig van Beethoven (1770 - 1827)
Ludwig van Beethoven (1770 – 1827)

Se le sue prime opere sono influenzate da Haydn o Mozart, le opere mature sono ricche di innovazioni ed hanno aperto la strada ai musicisti dal romanticismo esasperato, quali Brahms, Schubert, Wagner o ancora Bruckner, ma arrivando ad influenzare anche la musica contemporanea, specie con i suoi ultimi lavori, anticipatori di tante tematiche (lo studio del ritmo, dell’atonalità) sviluppate nel corso del ‘900. I maggiori studiosi di Beethoven suddividono l’opera dell’artista in tre grandi fasi: un primo stile, che va all’incirca dal 1794 al 1800.
In questo periodo l’attività di Beethoven risente dell’influenza della tradizione viennese, ed in particolare di quei maestri della forma sonata che furono Haydn e Mozart; al tempo stesso però già si avverte la tendenza all’accentuazione e alla drammatizzazione dei contrasti che sarà tipica delle opere successive. Il secondo stile, che si estende dal 1800 al 1815, è caratterizzato dall’imporsi della visione eroica nel pensiero e nell’opera del compositore, e che impronta di sé i capolavori della maturità.
Questo periodo inizia con la Terza Sinfonia “Eroica” e termina con opere quali il Concerto n. 5 op. 73 “Imperatore” e le musiche di scena per il dramma “Egmont”. È anche il periodo del sogno che si scontra con la realtà, come testimonia anche la Terza Sinfonia, che Beethoven dedicò in un primo momento a Napoleone, vedendo in lui il difensore dell’ideale repubblicano, dedica che poi eliminò, con sdegno, quando Napoleone si autoincoronò imperatore dei francesi.
Il terzo stile, infine, comprende le opere che vanno dal 1815 al 1827, anno della morte di Beethoven. Un periodo che si caratterizza dalla presenza di elementi musicali che appaiono particolarmente innovativi rispetto alla sua precedente produzione. Difatti Beethoven tende a liberarsi della materia sonora tradizionale, scelta che si accentua sempre di più con la sordità (i cui primi sintomi si manifestarono nel 1806, e che diventò totale nel 1820).
La sordità non interferì sull’impeto creativo, anzi raccolto nella sua vita interiore, il musicista ascoltò i suoni dentro di sé, nella profondità della sua animazione musicale. E in questa purità di concepimento, nacquero i maggiori capolavori della tarda età. Ma non è un caso se molte composizioni del terzo stile, per la loro complessità e l’arditezza di alcune soluzioni, sono state ignorate o rifiutate dai contemporanei, e riscoperte solo a distanza di decenni, risultando genialmente anticipatrici di tanta musica del Novecento (significativo il caso della sondata n. 32, la sua ultima sonata per pianoforte, che ha un momento jazzistico).
Tra le opere di questo periodo rientrano la Nona Sinfonia, le ultime cinque sonate per pianoforte (fra cui la n. 29 op. 106 “Hammerkavier”, la più vasta e complessa fra tutte le sonate di Beethoven); la “Missa solemnis” op. 123, completata nel 1822; le “33 Variazioni su un valzer di Diabelli op. 120” (del 1823), ciascuna realizzata dopo lunghi anni di lavoro.
Appartengono infine a questa fase gli ultimi quartetti – tra cui va inclusa la Grande Fuga op. 133 – composti nel 1825-1826. Beethoven è stato l’iniziatore della produzione sinfonica e strumentale intesa come bene comune delle masse e non come privilegio di una ristretta élite, e, con la sua indipendenza, ha dato una nuova dignità all’artista, finalmente libero di creare secondo la propria ispirazione.

Riccardo Sordi