
La forte preoccupazione dell’associazione degli artigiani di Massa Carrara
L’epidemia del covid-19 preoccupa non solo dal punto di vista sanitario, ma anche da quello economico e sociale. Anche nel comprensorio apuano e lunigianese si moltiplicano preoccupazioni e incertezze per la tenuta a breve di un tessuto economico che negli ultimi anni ha dato timidi segni di reazione rispetto ad un trend di consolidata crisi. Sebbene il decreto legge varato dal governo lunedì scorso tenti di dare risposte rassicuranti, le associazioni di categoria invocano misure in grado di scongiurare previsioni fosche, come quelle pubblicate dal CNA di Massa Carrara. “3.000 imprese artigiane non riapriranno dopo il lockdown senza aiuti concreti” è stato il grido di allarme lanciato dal Presidente provinciale dell’associazione degli artigiani, Paolo Bedini, che ha denunciato la crisi di liquidità che il settore sta attraversando da quando è stata imposta la serrata del Paese. “Nella nostra provincia – spiega Bedini – abbiamo un altissimo tasso di micro, piccole e medie imprese. Migliaia di attività del commercio, del turismo, dell’artigianato e dei servizi, interi comparti del settore economico che sono in difficoltà già a fine marzo, figuriamoci dopo. Molti, probabilmente, al termine di questa emergenza non riapriranno. Ci sono 3000 aziende che rischiano di scomparire”. Se le previsioni sono attendibile, sarebbe un ecatombe, pari a poco meno del 50% delle circa 6.700 imprese artigiane attive a fine 2018, un’emorragia che si somma alle mille imprese perse negli ultimi 6 anni, tutte nella fascia di età sotto i 50 anni, secondo i dati del Rapporto Economia 2019 della Camera di Commercio.
A preoccupare il mondo dell’artigianato è soprattutto l’impatto dello stop prolungato sulla propria attività e sull’economia in generale. Secondo un’indagine effettuata da CNA sui propri associati, il 41% degli intervistati non esclude la possibilità di non riaprire più, mentre un ulteriore 37% ritiene di essere a rischio se la sospensione dell’attività dovesse durare ancora a lungo. Il 50% si dice spaventato soprattutto da una possibile recessione economica. Le risposte arrivate col Decreto Legge varato dal governo paiono andare nella direzione auspicata dalle categorie produttive, mondo dell’artigianato compreso: il Fondo centrale di garanzia, che offre una copertura pubblica ai finanziamenti concessi da banche, società di leasing e intermediari finanziari, con semplificazione delle procedure, nuove risorse stanziate e aiuti fino ai 25 mila euro, per i quali la garanzia farà capo interamente allo Stato, potrebbe giocare un ruolo importante nel salvataggio del settore artigianato. A preoccupare è soprattutto la situazione della liquidità delle imprese artigiane: CNA ha evidenziato come siano stati segnalati un gran mole di insoluti e di lettere sempre più numerose da parte di clienti che annunciano mancati pagamenti legati all’emergenza. “Giustificazioni che, in qualche caso, rappresentano solo un indegno pretesto – afferma Bedini – ma molte aziende vivono dei ricavi giornalieri che reinvestono nella loro attività immediatamente e il prolungamento della serrata al 13 aprile significa che molte imprese non saranno in grado di riprendere con i loro mezzi”. Lo sforzo governativo per introdurre denaro fresco nel sistema produttivo (400 miliardi di euro nelle intenzioni del governo) va nella direzione auspicata dal mondo artigiano, il quale tuttavia misurerà la sua capacità di resistere, dopo l’emergenza sanitaria, a quella economica, anche su un’altra variabile cruciale: la ripresa dei consumi. In una provincia con la disoccupazione che veleggiava attorno al 10% prima dell’emergenza sanitaria, e con redditi pro capite al di sotto della media nazionale, guardare con fiducia alla capacità di domanda della popolazione locale è azzardato. Da questo punto di vista, il termine del lockdown assume una rilevanza decisiva, non solo dal punto di vista sanitario, ma anche sociale. (d.t.)