Minori vulnerabili e senza voce

migrantiNel 2015 sono stati 65,3 milioni i migranti forzati nel mondo. In Italia, secondo i dati del Rapporto sulla protezione internazionale aggiornati a ottobre 2016, sono presenti circa 171mila persone nelle diverse strutture attive sul territorio.
Sono cifre che non lasciano spazio a dubbi: si tratta di una vera e propria “valanga” che solo menti prevenute e oscurate dalla ricerca del consenso a basso prezzo degli elettori possono pensare di arginare con leggi più stringenti o con ostacoli materiali, di qualunque tipo essi siano.
La Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2017, che il Papa ha voluto centrare sul tema: “Migranti minorenni, vulnerabili e senza voce”, propone una seria riflessione su quella che può senza tema di esagerazione essere definita una vera e propria tragedia.
In generale, per tutti coloro che credono nella difesa della persona umana, tanto più dei più deboli; in particolare per i cristiani, ammoniti da più di venti secoli di Vangelo: “Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare”.
Che i minorenni coinvolti nei flussi migratori siano i soggetti più esposti a soprusi e violenze è un fatto che trova frequenti riscontri nelle cronache. Eppure, da parte di molti si continua a pensare ai migranti soprattutto in termini di ordine pubblico.
Non che la sicurezza dei cittadini non debba essere tutelata, ma risorse impiegate in un’opera di prevenzione ed integrazione potrebbero senz’altro offrire un ritorno positivo nel senso di una civile convivenza. Come rispondere a tale realtà, si chiede il Papa nel messaggio per la Giornata?
La sua riflessione parte dal riconoscere che “tale fenomeno… non è avulso dalla storia della salvezza”: “Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto”. Di più: ricorda che “nessuno è straniero nella comunità cristiana, che abbraccia ‘ogni nazione, razza, popolo e lingua’”. Per questo “occorre puntare sulla protezione, sull’integrazione e su soluzioni durature”.
Vanno in tal senso ahce le dichiarazioni di mons. Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, che lega “il futuro del nostro Paese e della Chiesa in Italia… anche dalla capacità di condivisione, di fraternità che riusciremo a ricreare attorno ai migranti, a partire dai più piccoli fra loro”.
E mons. Di Tora, presidente della stessa Fondazione, “rimprovera” ai cattolici di sottovalutare e rifiutare il fenomeno, condizionati dall’adattamento “a una forma di vita cristiana all’insegna del benessere”, che ci spinge a pensare “unicamente al nostro interesse”.
Se questa è la realtà, solo con un impegno deciso si può sperare di riuscire a mettere in discussione le nostre certezze e sicurezze.

Antonio Ricci