“Anche gli alberi bruciano” di Lorenza Ghinelli, crescere e conoscersi con la disobbedienza

09anche_gli_alberi_brucianoLorenza Ghinelli nasce a Cesena il 10 ottobre del 1981. A sette anni ha già una certezza: scrivere. Cresciuta a Rimini, nel 2003 consegue il master in “Tecniche della narrazione” presso la Scuola Holden di Torino, laureandosi, poi, in Scienze della formazione con una tesi sull’autobiografia nelle relazioni d’aiuto. Nella sua ricerca artistica ha esplorato diversi linguaggi: teatro, danza, fotografia, montaggio, ma lo strumento che predilige è appunto la scrittura.
Il suo romanzo “La colpa” è stato finalista al Premio Strega del 2012. Esperta di disagi, soprattutto della fragilità e della bellezza dell’adolescenza, è l’anima di “Mare di libri”, l’unico festival in Italia in cui i veri protagonisti sono i ragazzi. Ama sovente ripetere “Non ha senso dire ai ragazzi: dovete leggere, studiare. Meglio spiegar loro che queste sono cose importanti e che li renderanno liberi”.
L’adolescenza (dal latino adolescentia, dal verbo adolescere) è quel tratto dell’età evolutiva che costringe ogni ex bambino ad affrontare il crescere, il diventare grande. Periodo molto delicato sia per i ragazzi che per gli adulti che stanno loro attorno. Intanto, ci ricorda la Ghinelli, i ragazzi non sono manipolatori irresponsabili che vogliono renderci la vita impossibile. Più semplicemente incapaci di comportarsi diversamente in quanto alle prese con trasformazioni neurobiologiche inevitabili. In una parola “ragionano con le emozioni”. Il che può sembrare bellissimo, ma è altrettanto pericoloso.
Gli adulti devono navigare con loro per guidarli, con l’esperienza e la testimonianza, e farli arrivare a destinazione senza troppe ferite. Proprio per queste tematiche l’ultimo romanzo della Ghinelli “Anche gli alberi bruciano” è sempre attuale.
Il protagonista Michele, adolescente di oggi, attratto dai social, vive in un clima familiare difficile sia per il rapporto conflittuale con i genitori, sia per la presenza tenerissima, ma impegnativa, di nonno Dino, malato di Alzheimer, demenza degenerativa senile.
Michele è un ragazzo che impara a conoscersi mediante la disobbedienza. Le regole che gli hanno cucito addosso sono fittizie e bugiarde. La sua angoscia è rabbia profonda eppure di fronte ai problemi familiari, a partire dagli sbagli del padre, non mette la testa sotto la sabbia, anzi srotola l’intricata matassa dei suoi pensieri più profondi irrobustendo il proprio io.
Michele sa che, dietro ogni ribellione, esistono delle ragioni che urlano sperando di trovare ascolto: “Mi guarda (il nonno) con la stessa felicità con cui lo sto guardando io, perché è a non essere capiti che si muore; muore mio padre dentro di me; muore il matrimonio dei miei genitori; il mio rapporto con loro; muore la fiducia, ma il nonno vive”. Momenti di tenerezza indicibile di fronte al nonno a cui la malattia ha rubato persino l’identità senza intaccare il legame che si fa ancora più robusto e costante tanto che i lettori si sentono spettatori sia di Michele che del nonno.
La scrittrice non si ferma davanti a nessun tema scottante. Anzi lo affronta con intelligenza, lo sviscera con umanità, lo racconta con determinazione senza sfociare nella banalità. Un libro consigliato ai ragazzi, meglio però una lettura mediata dagli adulti perché la scrittura, spesso, è un modo per chiedere aiuto e per narrare ciò che non si riesce ad esprimere a voce. Noi adulti dobbiamo aver ben chiaro il concetto

Ivana Fornesi