Anche per Sarzana una svolta epocale con la vittoria della Ponzanelli

La candidata del centrodestra, Cristina Ponzanelli, supera il sindaco uscente Alessio Cavarra (centrosinistra)

Il risultato del voto del ballottaggio a Sarzana
Il risultato del voto del ballottaggio a Sarzana

La Spezia e Carrara lo scorso anno, Massa e Sarzana quest’anno. I quattro grandi centri della Lunigiana Storica in 12 mesi sono passati dalle tradizionali amministrazioni di centrosinistra al centrodestra o ai Cinque Stelle. Quello che è successo a Sarzana nel ballottaggio di domenica scorsa tra il sindaco uscente Alessio Cavarra e la candidata del centrodestra, la quarantaduenne avvocatessa Cristina Ponzanelli, è dimostrabile con pochi calcoli aritmetici. La Ponzanelli (56,47%) ha portato i suoi suffragi dai 3.853 del primo turno ai 5.783 del secondo: 1.930 preferenze in più. Nelle dichiarazioni successive al primo turno, il primo cittadino uscente si mostrava sicuro di potere convincere buona parte dei 2.311 elettori che avevano votato uno dei tre candidati sindaci a sinistra del PD. Previsione errata: i voti in più sono stati solo 809, per un totale di 4.458 (43,53%). Se si conta che i voti andati al primo turno alla candidata del M5S sono stati 1.688 e che 1.607 elettori in più rispetto a 15 giorni prima si sono astenuti, se ne deduce che solo un elettore su tre delle liste di sinistra ha deciso di sostenere Cavarra, mentre chi fin dal primo turno a votato 5 Stelle, ha optato per un voto di radicale cambiamento. Dopo cinque anni in cui il sindaco non è riuscito a tenere assieme (e in parte, renzianamente, non ha voluto) l’ampia coalizione che lo incoronò nel 2013, sostituendo i dissenzienti con pezzi del centrodestra entrati in maggioranza, era prevedibile che un alto numero di elettori di sinistra non volessero “premiare” Cavarra.

La neosindaca di Sarzana Cristina Ponzanelli
La neosindaca di Sarzana Cristina Ponzanelli

Ancora tra primo e secondo turno, mentre si cercavano possibili apparentamenti, sono volati gli stracci, a testimonianza di una rottura insanabile alimentata anche da vecchi maggiorenti locali. D’altro canto, che gli elettori di un M5S molto poco attrezzato per prendere in mano le redini del Comune, potessero votare il candidato PD sembrava improbabile. Non tanto per i loro supposti orientamenti politici verso destra (in realtà nell’elettorato grillino c’è molta sinistra), quanto perché quel che rimane del centrosinistra non ha voluto rispondere al desiderio di cambiamento che serpeggiava in città. La sinistra sarzanese, dopo 73 anni di amministrazione ininterrotta e la sua incontrastata egemonia politica a livello provinciale, è stata vista da un numero crescente di persone come apparato autoreferenziale. Le stesse esitazioni di Cavarra, ricandidatosi sindaco solo quando era oramai sfumata l’ipotesi di candidatura al Parlamento al posto del suo predecessore Caleo, ha pesato non poco nel confermare l’immagine di un partito ripiegato su se stesso. Oltre alle difficoltà amministrative, di cui parlammo dopo il primo turno, il vento nazionale ha fatto il resto. Ma a fianco dell’ascendente di Salvini sull’elettorato italiano, a Sarzana ha pesato la dottrina Toti: come a Spezia lo scorso anno, il governatore ligure di Forza Italia, sostenitore di un “forzaleghismo” di sicuro successo in Liguria, ha scelto per Sarzana un volto della società civile, moderato, affidabile, estraneo alle sparate populistiche lasciate ai leader nazionali o alle seconde linee. Una linea premiata dai sarzanesi sebbene proprio la Regione sia responsabile dello svuotamento dell’Ospedale San Bartolomeo e dell’inerzia nell’affrontare molte questioni del territorio. Sarà ora la Ponzanelli a dovere ripartire con nuove idee per Sarzana, mentre per il centrosinistra locale si annuncia una lunga e sofferta strada verso la ricostruzione della propria identità. (Davide Tondani)