
Dopo anni di crisi e tentativi di salvataggio con vendite di quote di proprietà

Cala il sipario sull’azienda agricola di Marinella. La tenuta tra il mare e la foce del Magra è arrivata pochi giorni fa al termine di una lunga agonia che ha portato alla liquidazione contabile e alla chiusura definitiva delle attività produttive. Sui 360 ettari di fertile piana alluvionale destinati in larga parte a rimanere incolti – ad esclusione dei 70 ettari sul lato Fiumaretta affittati alla coltivazione di basilico – si è giocata una partita economica, politica e imprenditoriale del tutto analoga a quella degli anni 30 del secolo scorso. Allora la crisi del 1929 si ripercosse sull’export di marmo verso gli Stati Uniti, mandando in crisi l’impero dei Fabbricotti, dinastia marmifera carrarese, proprietari di Marinella dal 1865; rivalità all’interno del fascismo carrarese, regolate probabilmente dai vertici nazionali del Regime, costrinsero i Fabbricotti a privarsi della tenuta. A rilevarla fu il Monte dei Paschi di Siena, sotto il quale, nel dopoguerra, fiorì la produzione di latte. Come allora, in anni recenti, su Marinella si sono incrociati appetiti locali, crisi internazionali e pressioni politiche. Nel 2008 Monte Paschi, dissanguata dalla folle acquisizione di Antoveneta, cede a Condotte, CCC e Unieco – giganti dell’edilizia italiana riconducibili alla Lega delle Cooperative o al mondo confindustriale – il 75% delle quote della tenuta, con la prospettiva di avviare un piano di sviluppo turistico e immobiliare: 200 nuove residenze, esercizi commerciali nel vecchio borgo, una darsena e 900 posti barca nei 50 ettari demaniali di spiagge e retrospiagge.

Una nuova colata di cemento, denunciano gli oppositori, dopo quella della spettrale Luni Mare, sorta negli anni ’70 su una porzione di tenuta. Il progetto si arenerà: pur sostenuta dalle giunte di sinistra di Sarzana e Ameglia, l’operazione da 300 milioni di euro si infrange, prima che contro regimi vincolistici, impatti ambientali e problemi idrogeologici legati alle piene del Magra, contro la crisi economica del 2008. Da allora nessun nuovo investimento sulla produzione agricola: i 18 milioni di debiti nel 2008 aumentano con la caduta delle quotazioni del latte e l’assenza di una rete commerciale dopo il divorzio dalla fiorentina Mukki. Manca in sostanza un piano industriale: Marinella naviga a vista. Due incendi a fienili e stalle tra 2016 e 2017 e il latte munto e versato nei terreni lo scorso dicembre ne sono la dimostrazione. Nell’ultimo inverno, alla vigilia di elezioni politiche e amministrative (tra un mese si vota a Sarzana) l’ultimo tentativo della politica locale di salvare la situazione. Un tentativo disperato quanto goffo: Sarzana (Pd) da un lato e Regione e Amelia (FI) a scambiarsi reciproche accuse e a lanciare ipotesi di acquisto da imprenditori più o meno di area: dalle voci sull’interessamento di Farinetti con la sua Eataly, a quelle sul petroliere Volpi (patron di Spezia Calcio e socio forte in Carige), fino alla mantovana Renovo, già nota per l’ipotesi di una centrale a biomasse a Pontremoli. Il 30 aprile l’epilogo: trasferimento dei 640 capi ancora in fattoria e fine del lavoro per le maestranze ancora impiegate. La proprietà ha dato indicazione al liquidatore Davide Piccioli di cessare la produzione e procedere allo smobilizzo delle attività per pagare i debiti residui. Nel futuro di un’area agricola simbolica per l’intera Lunigiana storica – i resti dell’antica Luni si trovano proprio all’interno della tenuta – per ora vi sono le sterpaglie e l’abbandono. In futuro, forse, non più la cessione in blocco dell’intera area agricola ma una vendita a lotti che potrebbe essere per Monte Paschi ben più fruttuosa. Soprattutto in caso di edificabilità.
(Davide Tondani)