Caritas diocesane: la condivisione come sfida per un dialogo con i giovani

Al Convegno nazionale delle Caritas diocesane ad Abano Terme una riflessione sul tema del rapporto tra il mondo adulto e quello giovanile

18Convegno_CaritasCirca 600 tra direttori e operatori si sono dati appuntamento dal 16 al 19 aprile, ad Abano Terme (PD), in occasione del 40° convegno delle 200 Caritas diocesane. Anche la nostra Caritas diocesana ha partecipato con due operatori volontari. A partire dal titolo, “Giovane è… #unacomunitàchecondivide”, il convegno si collocava nella prospettiva degli Orientamenti Pastorali della CEI “Educare alla vita buona del Vangelo” e del prossimo Sinodo dei vescovi sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”.
Proprio il sinodo annunciato ha dato una ‘scossa’, impegnando Caritas Italiana ad avviare una riflessione sul tema ormai scottante del rapporto tra il mondo adulto e quello giovanile.
Nel suo intervento il presidente della Cei, card. Gualtiero Bassetti, ha ribadito che “i cristiani sono coloro che gridano con la loro vita che è possibile vivere la fraternità, la gratuità, il dono, la giustizia, la pace. Non si tratta di utopia, di buonismo, ma di ciò di cui il mondo ha bisogno per uscire dal pauroso avvitamento su se stesso che lo sta conducendo ad offendere il creato, a strutturare il disordine come regola dei rapporti fra le nazioni, a lasciare indietro i deboli e i poveri all’interno delle società”.
Sul tema giovani ha affermato che il Vangelo, se trasmesso nel modo adeguato, ha ancora la capacità di entrare dentro al cuore dei giovani e comunque, come Chiesa, dobbiamo seguire l’esempio di Cristo che a Emmaus, prima di spezzare il pane, ha viaggiato con i due sfiduciati e con i fatti dimostrare che “la tua sofferenza è la mia sofferenza, che la tua lotta è la mia lotta”.
Interessante l’intervento di p. Hermes Ronchi che, trattando il tema carità, ha ribadito che nell’Archivio di Dio sono registrati non tanto i peccati ma le opere di bene fatte e che nel giudizio ultimo sul piatto della bilancia pesa molto, ma molto di più, il bene donato della quantità di male operato.
Nei giorni intensi dei lavori sono stati più gli interrogativi che le risposte: nelle molteplici riunioni di gruppo sono state presentate una serie di esperienze diocesane per lo sviluppo di comunità con i giovani chiamando i partecipanti ad interagire sulle proposte ascoltate. In tutte si è notata l’affannosa ricerca di un contatto con i giovani che hanno abbandonato la Chiesa dopo la cresima e quindi gli interrogativi, le strategie, i modi per recuperarli e portarli di nuovo nella Chiesa e per la Chiesa.
Ma mi chiedo: da sempre e ancora in larga parte oggi, la Chiesa non ha questi ragazzi nel suo mondo per almeno sette anni per la formazione cristiana? E andiamo a cercarli dopo aver preparato in qualche modo la loro fuga derivata dalla nostra inadeguatezza a educare e a convivere con loro la straordinaria avventura della fede nel nostro tempo?

Il card. Francesco Montenegro, presidente di Caritas Italiana
Il card. Francesco Montenegro, presidente di Caritas Italiana

Uno dei nodi decisivi e determinanti sta proprio qui. Da tempo sono convinto che sia ora (anche se in ritardo) di rivoluzionare il modo di fare catechismo, di rendere bello e affascinante l’eterno messaggio del Vangelo, proponendo un percorso attraente e incontri interessanti, usando mezzi adeguati e presenti nella cultura che in questo tempo li sommerge, osare strade nuove con animatori giovani o dal cuore giovane, entusiasti, con la prospettiva di aiutare altri giovani a seguirli in un progetto di vita cristiana dove la gioia di essere con Cristo diventa davvero la gioia della vita.
Creare gruppi giovanili in ogni parrocchia, anche medie e piccole, e dentro a questi percorsi progettare con loro, nella visione cristiana e formativa, laboratori di arte, teatro, musica… ma anche fotografia, scienze, manualità e non ultimo sport.
Tutto questo è possibile e fattibile ma il grande ostacolo è nella formazione degli adulti, nella mancanza di passione, di speranza, del ‘si è sempre fatto così’. Poi ci si lamenta con tante parole! Credo che quel vescovo amico abbia ragione quando dice che il vero problema del nostro tempo non sono i giovani ma gli adulti. Per tornare al convegno, c’è da dire che è stato interessante con idee anche forti, con spunti da prendere in considerazione, da analizzare in un contesto nazionale che ha tarpato le ali della speranza ai giovani. Alla Chiesa e alle Caritas tocca il compito non facile di contribuire a rifondare questo elemento vitale.
Il programma del convegno ha previsto anche la visita all’Opera della Provvidenza di S. Antonio, una stupenda e grandiosa opera di carità dove attualmente sono ospitate persone con disabilità mentale, religiosi e sacerdoti non autosufficienti per un totale di 627 presenze con circa 500 operatori più un numero rilevante di volontari. Il convegno è praticamente terminato con la S. Messa nella basilica di S. Antonio concelebrata dal card. Francesco Montenegro, presidente di Caritas italiana, e dal direttore don Francesco Soddu.

Edamo Barbieri