
La denatalità è una tendenza che ha raggiunto livelli critici: i dati dei vari sondaggi, lucidi e impietosi, mostrano un crescente calo delle nascite tanto che il “cosiddetto inverno” o “baratro, demografico” non è una metafora bensì preoccupante realtà.
Tutto il mondo è coinvolto, evidenziando che “natalità ed occupazione” sono strettamente collegate. I Paesi, con minor disparità di genere, dove le donne lavorano, sono quelli che meglio affrontano la sfida demografica per cui la denatalità non è solo legata alle scelte delle coppie di avere, o no, figli bensì la conseguenza di ostacoli economici, sociali, culturali e di politiche non abbastanza attente alle svariate problematiche familiari.
Va detto, in modo esplicito, che il “calcolo” economico svilisce il valore e il prezioso dono della maternità e della paternità spalancando le porte all’egoismo, ritenendo i figli un limite alla libertà personale sostituendoli sempre di più, con gli animali da compagnia definiti. Nel tempo dell’incertezza e della complessità, serpeggia un qualcosa di più profondo che si traduce in paura del domani e del futuro.
Ma di che futuro possiamo parlare senza vagiti dei neonati, sorriso dei bimbi, entusiasmo dei giovani? Sono loro il dono, la forza, la speranza, la responsabilità, il sacrificio, le rinunce, le soddisfazioni in una parola “l’amore” e l’energia del tempo che verrà, con l’augurio che sia meno difficile e complicato; più rispettoso dell’uomo e dei suoi valori per l’arcobaleno della pacifica convivenza.
In Toscana ad indossare la “maglia nera” è la nostra Provincia: secondo le stime nel prossimo decennio, perderà il 10,8% dei residenti. Del resto basta girare la Lunigiana per renderci conto dell’invecchiare della popolazione con ricadute, come in tutto il paese, allarmanti in ogni settore: scuole, sanità, forza lavoro…
L’Italia dell’esercito dei “capelli bianchi” non sarà capace dell’agognata ripresa. Come un funambolo il paese ha cercato, in questi anni, di stare in equilibrio, seppur fra mille ostacoli, intoppi e difficoltà, senza però calare interventi coriacei e duraturi a sostegno della genitorialità giovanile, confidando sulla tenuta della famiglia, a partire dai nonni, mai così utili nella crescita dei nipoti dando aiuto da ogni punto di vista, ai figli che, fortunatamente, lavorano.
Politiche spesso contradditorie e fragili nonostante gli aiuti erogati dal governo: dal “bonus bebè”, al contributo per gli asili nido e altri supporti per sostenere le famiglie in difficoltà, compresi i congedi parentali. In un mondo in rapida evoluzione, le politiche familiari svolgono un ruolo importante e possono influenzare davvero la scelta di diventare genitori.
Con il desiderio di aprirsi alla vita: accoglierla, difenderla, tutelarla in un costante progetto di amore, per orizzonti nuovi e nuova umanità.
Nella consapevolezza che se la perdita degli anziani equivale alla perdita di pezzi di storia, di “monumenti” di saggezza e di esperienza, il declino delle nascite condanna la società al tramonto.
Ivana Fornesi