Quel “Gigante” michelangiolesco

Carrara: ad oggi non è stato possibile ricondurre alla mano del Maestro nessuna opera esistente nella città del marmo. Le dispute con il Bandinetti e la statua in piazza del Duomo

Il “Nettuno” di Baccio Bandinelli, incompiuto e riutilizzato sulla fontana in piazza del Duomo a Carrara. (Foto da Wikipedia).

Nonostante la ripetuta e lunga frequentazione di Michelangelo a Carrara, fino ad oggi non sono state individuate opere nel territorio dove sia evidente la mano del grande artista del Rinascimento. Ma, nella città del marmo, esistono sculture che in qualche misura possano essere ricondotte all’ambito artistico michelangiolesco?
In questo senso una delle poche che si può arrivare a definire tale è probabilmente il “Gigante” della fontana in piazza del Duomo a Carrara.
La statua è opera dell’artista fiorentino Baccio Bandinelli (1488-1555) che di Michelangelo fu contemporaneo e, in buona misura, “avversario” visto che più volte si confrontarono anche disputandosi l’assegnazione di committenze diverse. La più nota risale proprio a cinquecento anni fa quando, nel 1525, il Bandinelli, che da tempo aspirava a realizzare una grande opera da collocarsi davanti a Palazzo Vecchio a Firenze, ottenne finalmente la committenza da Papa Clemente VII – Giulio Zanobi di Giuliano de’ Medici – per ricavarla da un blocco di marmo estratto a Carrara anni prima.
Un marmo che la Signoria di Firenze avrebbe voluto fosse invece scolpito da Michelangelo. Anzi fu proprio quest’ultimo ad iniziare a sbozzarlo nel breve periodo della Repubblica fiorentina seguita, nella primavera 1527, alla cacciata dei Medici dalla città (e del Bandinelli con loro).

Baccio Bandinelli, “Ercole e Caco” (1530-34). Firenze, piazza della Signoria. (Foto da Wikipedia)

Tuttavia la caduta della Repubblica tre anni dopo e il ritorno della potente famiglia, permise a Clemente VII di dare il via libera definitivo a Baccio. Il tema scelto fu quello di “Ercole che uccide Caco”: nelle intenzioni del Papa la scultura doveva essere il contraltare del David che Michelangelo aveva completato più di venti anni prima.
Tra alterne vicende, la scultura venne completata solo nel 1534 dopo numerosi solleciti e pressioni degli emissari papali perché l’artista recuperasse il ritardo accumulato. Una volta conclusa fu evidente a tutti che l’opera non poteva reggere il confronto con il David e attirò subito critiche e giudizi taglienti.
Benvenuto Cellini, ad esempio, riferendosi alle proporzioni della statua dell’Ercole, ebbe a dire che se le si fossero tagliati i capelli “non vi resterebbe zucca che fussi tanta per riporvi il cervello […] e che le sue poppe e il resto di quei muscoli non son ritratti da un omo, ma sono ritratti da un saccaccio pieno di poponi, che diritto sia messo, appoggiato al muro”.
Tornando al “Gigante” di Carrara, l’opera non era stata pensata per l’attuale collocazione: destinata a Genova, è invece rimasta in città per una serie di eventi che iniziano nel 1529 quando a Baccio Bandinelli era stato chiesto di scolpire una statua che ritraesse il condottiero genovese Andrea Doria (1466-1560) nelle forme di Nettuno.
In un primo tempo l’opera doveva essere in bronzo dorato, poi venne preferito il marmo, forse per facilitarne la produzione. Perché, anche in questo caso, Bandinelli accumulò molti ritardi, che gli provocarono duri contrasti con la famiglia Doria: erano gli anni nei quali era impegnato a Firenze a realizzare l’Ercole e Caco.
Ma nemmeno il nuovo contratto sottoscritto nel 1536 riuscì a sanare la situazione. Così l’artista, fra scontri e contenziosi, non completò la statua e il marmo rimase a Carrara incompiuto.
Solo molti anni dopo, nel 1563, venne riutilizzato per volere del marchese Alberico I Cybo Malaspina che, così come lo aveva lasciato l’artista, lo destinò ad abbellire la fontana nella piazza del Duomo cittadino.
Per ironia della sorte l’opera di Baccio Bandinelli sorge a pochi metri dalla casa che l’odiato Michelangelo utilizzava durante i suoi soggiorni carraresi.

(p. biss.)