
A Massa la veglia diocesana presieduta dal vescovo con la testimonianza dei Cav
“Come nutrire speranza dinanzi ai tanti bambini che perdono la vita nei teatri di guerra, a quelli che muoiono nei tragitti delle migrazioni per mare o per terra, a quanti sono vittime delle malattie o della fame nei Paesi più poveri della terra, a quelli cui è impedito di nascere?”.
È uno dei passaggi del Messaggio che i vescovi italiani hanno pubblicato in occasione della 47a Giornata Nazionale della Vita che, con altri stralci, ha costituito il fil rouge della veglia diocesana di preghiera per la vita, del 13 febbraio in san Sebastiano a Massa. L’iniziativa, organizzata dall’Ufficio diocesano per la pastorale della famiglia e dai volontari dei Centri di Aiuto alla Vita, è stata presieduta dal vescovo.
“Celebriamo questa Giornata della Vita – ha detto mons. Vaccari – nel contesto del Giubileo, coincidenza che ci sollecita ad assumere l’orizzonte della speranza. Perché – come indica la Bolla di Indizione ‘Spes non confundit’ – ognuno sia in grado di donare anche solo un sorriso, un gesto di amicizia, uno sguardo fraterno, un ascolto sincero, un servizio gratuito, sapendo che, nello Spirito di Gesù, ciò può diventare per chi lo riceve un seme fecondo di speranza”.
Semplici gesti hanno dietro una storia e una scelta di vita, “complice” fede e impegno radicato nella quotidianità, come quello dei volontari dei Centri di Aiuto alla Vita, di cui è stata riportata una testimonianza. Si tratta della storia di una donna, madre di due figli che accolta e ascoltata dai volontari, ha confidato di aver scoperto di essere in attesa di un terzo figlio. Il lavoro precario, una casa piccola, i genitori lontani sembravano una sfida troppo grande.
“Tormentata dal dubbio – ha raccontato la volontaria Bruna Massa – in bilico tra la paura di non riuscire ad accogliere una nuova vita e il timore di interromperla, abbiamo cercato di farle sentire tutto il nostro affetto, confermandole il pieno sostegno”.
“Ad un certo punto – continua il racconto – in mezzo ad un mucchio di sassi ha visto un fiore bellissimo che era riuscito a nascere tra le pietre, sentendolo come un segno che la vita è più forte di tutte le difficoltà”. La vicenda si è conclusa con la nascita del terzo figlio e nonostante questa famiglia si sia dovuta trasferire in un’altra città, questa situazione occupa un posto particolare nel cuore dei volontari.
“La vita oggi viene compromessa in tante situazioni – ha detto il vescovo nel corso dell’omelia – come la guerra che nasce dal cuore dell’uomo e genera morte e male. Viviamo immersi dentro una cultura della prevaricazione a scapito della vita debole e fragile che coinvolge non solo i bambini: penso alla recente disposizione sul fine vita adottata dalla Regione Toscana, di dubbia applicazione, sul suicidio assistito a richiesta”.
Il riferimento è alla legge regionale approvata l’11 febbraio sulla quale il presidente dei vescovi toscani, il cardinale Auguro Lojudice, si è espresso senza mezzi termini: “Sancire con una legge regionale il diritto alla morte non è un traguardo, ma una sconfitta per tutti”.
“Pregare per la vita – ha continuato fra’ Mario – é qualcosa di grande e di forte. É bello che la comunità cristiana si ritrovi per invocare il Dio della vita, Dio in tre persone: é un Padre che vuole amare e genera un Figlio che viene a sua volta generato nello Spirito santo. Dio non ha voluto tenere per sé questa vita, ma l’ha trasmessa al di fuori di sé”.
Il vescovo ha concluso la sua omelia riferendosi alla comunità ecclesiale: “La cultura della vita, è cura e sollecitudine della Chiesa verso gli anziani, i migranti, i malati e i disabili, nell’ottica del dono di sè che discende dall’amore di Dio. In questo senso la vita di Dio è eterna e ha un valore infinito: infatti un bicchiere d’acqua dato ai piccoli, come ci insegna Gesù nel Vangelo, viene iscritto in una eternità”.
(df)