I mutamenti climatici sono una realtà, come affrontare siccità e alluvioni

Marco D’Oria e Giuseppe Sansoni a Pontremoli al convegno sugli effetti sul ciclo dell’acqua

Non sono prospettive incoraggianti quelle delineate nel pomeriggio di sabato 15 febbraio nelle Stanze del Teatro della Rosa nel lungo e partecipato convegno sul tema “Mutamenti climatici e impatti sul ciclo dell’acqua”, organizzato da Cantiere per la Pace, SPI CGIL Lunigiana e Anpi Pontremoli nell’ambito della rassegna “Confronti a sinistra”. Moderato dalla consigliera comunale di Pontremoli Elena Battaglia, il convegno ha proposto gli appassionati interventi del prof. Marco D’Oria (Università di Parma) e del dott. Giuseppe Sansoni (Legambiente); Il primo è professore associato nel dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Ateneo della città ducale dove insegna costruzioni idrauliche e marittime e idrologia; il secondo è biologo e naturalista, noto per il suo impegno sulle tematiche dell’ambiente nel comprensorio apuano, lunigianese e spezzino.

Le prove scientifiche sui mutamenti climatici
Un momento del convegno a Pontremoli
Un momento del convegno a Pontremoli

Incontrovertibili le prove scientifiche illustrate per evidenziare come i mutamenti climatici siano in atto da decenni e che quella che stiamo vivendo è la stagione nella quale se comincia ad osservarne gli effetti sulla nostra vita di ogni giorno. L’utilizzo indiscriminato dei combustibili fossili, l’emissione di enormi quantità di anidride carbonica nell’atmosfera, l’aumento delle temperature sono una catena che portano, inevitabilmente, a problemi la cui gravità è ancora sottovalutata. Il mutamento del clima, l’alternanza di lunghi periodi di siccità con occasionali fortissime precipitazioni e conseguenti fenomeni alluvionali sono di fronte a noi: sbagliato considerarli normali o occasionali.

Prima tutti ne avremo consapevolezza, prima potremo pretendere provvedimenti adeguati, magari fuori dagli schemi, evitando di continuare a mettere in atto azioni che rischiano di peggiorare la situazione.

Quale la situazione in Lunigiana

Davvero potrebbe arrivare il giorno nel quale anche in una zona ricca d’acqua come la Lunigiana potrebbero esserci problemi di approvvigionamento per la distribuzione negli acquedotti? Lo scenario è tutt’altro che remoto, a tal punto che la stessa GAIA – il gestore del servizio nella Toscana settentrionale – ha commissionato uno studio all’Università di Parma. E i dati emersi non sono positivi.

Panorama di Aulla fra le due guerre mondiali. Si noti l’ampio alveo del fiume Magra, poi progressivamente ristretto
Panorama di Aulla fra le due guerre mondiali. Si noti l’ampio alveo del fiume Magra, poi progressivamente ristretto

Per la Toscana nord occidentale la tendenza sembra evidenziare una diminuzione delle precipitazioni soprattutto nei primi sei mesi dell’anno e un contemporaneo aumento delle temperature medie. Pioggia concentrata in periodi più brevi che precipita a valle senza essere più trattenuta dal terreno così da non alimentare a sufficienza le falde, i “serbatoi” dai quali arriva l’acqua alle sorgenti. E poi c’è l’aumento del livello del mare: ci sono scenari che prefigurano un innalzamento anche maggiore ai venti centimetri; questo significherebbe sempre maggiore entrata del cuneo salino nei territori e conseguente inquinamento delle falde e dei pozzi dai quali un buon numero di Comuni del comprensorio apuano, lunigianese e spezzino dipendono per i propri acquedotti.

E allora? Servono provvedimenti a livello planetario di mitigazione dei mutamenti climatici per tenere sotto controllo l’aumento della temperatura che oggi invece corre; ma sono necessari anche azioni a livello locale che permettano al territorio di affrontare sia le alluvioni che le siccità.

Le alluvioni nel nostro comprensorio
Un'immagine di Aulla, all'indomani dell'alluvione del 25 ottobre. Uno dei momenti più drammatici vissuti in Lunigiana negli ultimi anni.
Un’immagine di Aulla, all’indomani dell’alluvione del 25 ottobre. Uno dei momenti più drammatici vissuti in Lunigiana negli ultimi anni.

E che il nostro sia un comprensorio particolarmente sensibile lo dimostrano le alluvioni degli ultimi trent’anni: 1996 in Alta Versilia, nel 2003 a Carrara, nel 2011 nelle Cinque Terre e in Lunigiana, nel 2017 a Livorno e poi, allargando lo sguardo, più volte a Genova e in varie realtà della Toscana.

Alluvioni che sono il risultato anche del restringimento degli alvei dei fiumi. Un esempio lampante è il caso di Aulla: nel 1877 qui la Magra poteva scorrere in un letto ampio 305 metri che nel 2003 era ridotto a 145 metri, meno della metà! Aree, quelle strappate al fiume costretto fra argini artificiali, utilizzate per insediamenti urbani poi andati sott’acqua con conseguenze drammatiche.

E, sia a livello locale che generale, la risposta dovrebbe essere quella di restituire il più possibile spazio ai fiumi, perché – è stato detto nel convegno di Pontremoli – gli interventi che si mettono in atto sono spesso controproducenti. Argini sempre più alti, taglio indiscriminato della vegetazione, dragaggio dei corsi d’acqua possono infatti aumentare il rischio idraulico, così come la costruzione di nuove dighe per accumulare l’acqua sono interventi che non affrontano le cause ma tendono a distribuire gli effetti e quindi non sono la soluzione al problema. Meglio sarebbe lavorare per recuperare e alimentare le falde, che appare unica soluzione per combattere la possibile mancanza di acqua.

Paolo Bissoli