
Remissione del debito dei paesi poveri, rispetto della dignità della vita umana ed eliminazione della pena di morte tra le proposte del Papa in occasione della Giornata Mondiale della Pace

Dal 1968, per volontà di Paolo VI, ogni 1° gennaio si celebra la Giornata mondiale della Pace. Questa ricorrenza è un auspicio – più che mai attuale – ad iniziare un nuovo anno solare con l’intento che “la pace” non sia soltanto una mèta da raggiungere ma piuttosto un metodo con il quale vivere ogni giorno della nostra esistenza.
Come da tradizione il Santo Padre Francesco ha inviato un messaggio dal titolo Rimetti a noi i nostri debiti, concedici la tua pace con il quale rivolge un sincero augurio di pace ad ogni donna e uomo.
Riferendosi al Giubileo appena iniziato, il Papa ricorda quanto esso sia un evento che ci spinge “a ricercare la giustizia liberante” di Dio sulla terra. Poi un’intenzione di interesse per la cura della “casa comune” perché ciascuno di noi si senta responsabile della devastazione a cui è sottoposta.
Le disparità di ogni sorta, il trattamento disumano riservato alle persone migranti, il degrado ambientale, la confusione colpevolmente generata dalla disinformazione, il rigetto di ogni tipo di dialogo, i cospicui finanziamenti dell’industria militare – sottolinea il Pontefice – sono fattori di una concreta minaccia per l’esistenza dell’intera umanità.
Il Giubileo induce a intraprendere diversi cambiamenti, per affrontare l’attuale condizione di ingiustizia e diseguaglianza. Il Papa ricorda che “i beni della terra sono destinati non solo ad alcuni privilegiati ma a tutti”.

Nel “Padre nostro”, Gesù insegna a chiedere: “Rimetti a noi i nostri debiti”. “Quando una persona ignora il proprio legame con il Padre – prosegue Papa Bergoglio – incomincia a covare il pensiero che le relazioni con gli altri possano essere governate da una logica di sfruttamento, dove il più forte pretende di avere il diritto di prevaricare sul più debole”.
La logica dello sfruttamento del debitore, secondo il Papa, descrive sinteticamente l’attuale “crisi del debito” che affligge diversi Paesi, soprattutto del Sud del mondo. L’invito del Papa si declina in appello alla solidarietà perché la comunità internazionale “intraprenda azioni di condono del debito estero” riconoscendo l’esistenza di un debito ecologico tra il Nord e il Sud del mondo.
Se ci lasciamo toccare il cuore da questi cambiamenti necessari, il Giubileo potrà riaprire la via della speranza per ciascuno di noi perché “la speranza nasce dall’esperienza della misericordia di Dio, che è sempre illimitata”.
Per rimettere un debito agli altri e dare loro speranza – ricorda ancora il Papa – occorre che la propria vita sia piena di quella speranza che giunge dalla misericordia di Dio. La speranza è “sovrabbondante nella generosità”, priva di calcoli, non fa i conti in tasca ai debitori, non si preoccupa del proprio guadagno, ma ha di mira un solo scopo: rialzare chi è caduto, fasciare i cuori spezzati, liberare da ogni forma di schiavitù.
Il Papa indica tre azioni che possano “ridare dignità alla vita” di intere popolazioni e rimetterle in cammino sulla via della speranza, affinché si superi la crisi del debito e tutti possano ritornare a riconoscersi debitori perdonati. Anzitutto, come già affermava Giovanni Paolo II nel Giubileo del 2000, occorre pensare a una “consistente riduzione” del debito internazionale che pesa sul destino di molte nazioni.
Questo non deve essere un atto isolato di beneficenza che rischia di diventare un “circolo vizioso” di finanziamento-debito ma deve condurre ad uno sviluppo di architettura finanziaria che porti alla creazione di una Carta finanziaria globale, fondata sulla solidarietà e sull’armonia tra i popoli. Il Papa chiede poi un impegno a promuovere il rispetto della dignità della vita umana, dal concepimento alla morte naturale, perché ogni persona possa amare la propria vita e guardare con speranza al futuro, “desiderando lo sviluppo e la felicità per sé e per i propri figli”.

Se non si ritrova questa dimensione è impensabile infatti che nel cuore dei più giovani sorga il desiderio di “generare altre vite”. Francesco parla poi dell’eliminazione della pena di morte perché “annienta ogni speranza umana di perdono e di rinnovamento”.
Infine uno sguardo alle nuove generazioni auspicando la nascita di un fondo mondiale che elimini definitivamente la fame e faciliti, nei Paesi più poveri, attività educative che promuovano uno sviluppo sostenibile. Per raggiungere la pace servirà spogliarsi dall’arma del credito, ristabilendo la giustizia di Dio sulla terra.
Il disarmo del cuore – sottolinea il Papa – è un gesto che coinvolge dai primi agli ultimi, dai piccoli ai grandi, dai ricchi ai poveri.
Fabio Venturini