
Non fatevi ingannare da un titolo che potrebbe lasciar intendere un poco raccomandabile itinerario che definire “alternativo” sarebbe davvero troppo poco; “Andare per i luoghi della stregoneria” (Il Mulino 2024, euro 14, 158 pagine) è un interessante saggio con il quale l’autrice, Marina Montesano, ci accompagna non certo (o non solo) alla scoperta dei luoghi delle “streghe”, quanto soprattutto a svelare le storie di alcuni dei territori della Penisola dove per secoli migliaia di donne furono perseguitate, torturate e spesso condannate a morte.
La prof.ssa Montesano, che insegna storia medievale all’Università di Messina, nel 2023 aveva pubblicato “Maleficia. Storie di streghe dall’Antichità al Rinascimento” (Carocci) un poderoso studio sulla stregoneria, ma già nel 2012 era stata autrice di “Caccia alle streghe” (Salerno Editrice).
Quasi tutte le attuali regioni d’Italia sono coinvolte in un viaggio nel tempo (i primi processi si effettuarono già sul finire del Trecento), nello spazio (da Sud a Nord, senza troppe distinzioni), fra sospetti e accuse che quasi sempre avevano per obiettivo donne incolpate di malefici, ma anche di essere guaritrici, medium o fate!
Luoghi nei quali la storia che emerge dai documenti si mescola con la leggenda narrata dalle tradizioni e da qualche cronaca del tempo. Paesi e città, boschi e foreste, legati dallo stesso drammatico percorso caratterizzato da calunnie, denunce, duri interrogatori, tremende torture, processi e sentenze capitali.
I cento anni fra la metà del Cinquecento e la metà del Seicento sono stati quelli che hanno evidenziato un notevole aumento dei processi con la ben nota “caccia alle streghe”, caratteristica comune di tutto il Vecchio Continente e che nel Settecento si sarebbe diffusa anche nel Nuovo Mondo.
La prof.ssa Montesano quantifica in circa 60.000 le condanne a morte sentenziate in Europa fra il XV e il XVIII secolo. Ed è proprio dai documenti dei processi che inizia e si sviluppa il viaggio tra i luoghi della stregoneria in Italia, luoghi dove “storia e favola si sono intrecciate e dove spesso aneddoti e testimonianze conferiscono a un borgo, una città, una montagna, un lago o a una regione intera un sapore particolare di occulto e di mistero”.
Ci sono le “donne di fuori” della tradizione siciliana, le “masche” piemontesi, villaggi come il ligure Triora o i toscani San Miniato e Massa Marittima, città come Roma, Milano, Perugia, Modena, Benevento con la città irpina famosa universalmente per le riunioni di streghe che si svolgevano – secondo la leggenda – all’ombra di un noce.
Nel breve saggio non vengono citati i “luoghi delle streghe” tramandati in Lunigiana, ma c’è un capitolo riservato a Lucca, definita “la diocesi delle streghe”, territorio che nel XVI secolo comprendeva anche San Miniato e dove nel 1536 una donna, Monna Nanna, fu accusata di aver lanciato un maleficio contro un bambino e di aver messo in atto le sue pratiche in associazione con altre donne in un lungo elenco di luoghi e località. Dopo quattro anni di interrogatori e confessioni estorte con la tortura quattro donne vennero impiccate e i loro corpi bruciati sul rogo!
E nella stessa Lucca, nel 1571, le accuse contro altre due donne portarono all’arresto e alla raccolta di testimonianze. Emerse così che Margarita e Polissena (questi i loro nomi) altro non erano che donne note come guaritrici: un’accusa all’epoca sufficiente per essere definite “streghe” e rischiare la condanna a morte. Riuscirono a resistere per due mesi alle più crudeli torture, continuando a proclamarsi innocenti, ma alla fine cedettero: la condanna a morte venne eseguita per strangolamento e il fuoco consumò i loro corpi nella piazza pubblica.
Paolo Bissoli