
Il Vescovo Fra’ Mario ha presieduto il solenne pontificale nella festa di Tutti i Santi in Concattedrale a Pontremoli

“La festa di tutti i Santi va celebrata ogni anno con gioia ed esultanza di cuore perché ci permette di alzare lo sguardo alla Gerusalemme del cielo dove ci sono coloro che godono della vita eterna, cui tutti noi ambiamo”.
Queste le parole con le quali il Vescovo mons. Mario Vaccari ha esordito la mattina di venerdì 1° novembre, Solennità di Ognissanti, durante la S. Messa Pontificale celebrata in Concattedrale a Pontremoli – rivestita all’altar maggiore con le reliquie di molti santi, custodite gelosamente dal culto della tradizione e dalla preghiera dei fedeli.
“Alzare lo sguardo alla Gerusalemme del cielo” è dunque quello che ci porta a cercare di ammirare coloro che sono stati elevati ufficialmente “agli onori degli altari” e a ricordare molte delle persone che abbiamo conosciuto che, seppur non definite “sante” dalla Chiesa Cattolica, hanno vissuto la fede, la speranza e la carità perché potessimo ricevere una testimonianza concreta per le nostre vite.
Guardare alla vita dei santi – ha proseguito mons. Vescovo – significa riscoprire la storia di uomini e donne che, spesso nel nascondimento, hanno guardato “alle cose” del cielo ma “maneggiando” quelle della terra.
Tutti dobbiamo imparare a percorrere questo stesso cammino perché quella “moltitudine immensa” di cui parla il libro dell’Apocalisse – che richiamava la prima lettura della solennità del 1° novembre – è una visione che diventa reale per ognuno di noi che, attraverso il Battesimo, può aspirare alla santità.
Infatti, anche se come molti santi siamo chiamati ad affrontare le prove della vita e a dover combattere contro molte malattie fisiche e spirituali, possiamo prendere parte all’Eucaristia e al sacramento della Riconciliazione che ci aprono la strada a diventare “figli di Dio”.
Ambire alla santità – ha ribadito il nostro vescovo – significa provare ad essere simili a Dio, certi che “si compirà per noi” la promessa di avere parte all’eredità del Cristo: dalla morte alla Vita, dalla croce alla Risurrezione.
Interpretare la Croce e la gioia, raffigurate dalla vita umana del Figlio di Dio, ci sprona a “voler vedere” il Suo volto e a metterci in cammino alla ricerca di quella bontà, giustizia e misericordia che quel volto esprime.
Dobbiamo comprendere – ha ricordato Fra’ Mario – che anche noi “siamo la generazione che cerca il volto di Gesù”. Raggiungere quel volto significa “voler scalare” il monte del Signore attraverso l’esempio di persone che ci insegnano attivamente ad essere buoni e che accolgono la santità come dono.
Perché si possa definire tale è però necessario che “il dono” sia praticato, usato e voluto perché manifestato da Dio “a coloro che hanno un cuore puro”.
Il paradosso del Vangelo – ha voluto sottolineare mons. Vaccari – ci fa comprendere che soltanto chi è mite può scoprire la gloria del Signore perché “vivere le Beatitudini” significa possedere quella felicità non soltanto di essere cristiani ma anche di sentirsi tali. Saper desiderare la vita cristiana – ha concluso il nostro pastore – può voler dire piangere sui dolori e le fatiche del mondo: la passione, l’indifferenza, la giustizia che spesso allontana persino la pace.
Serve allora superare le discordie perché la nostra fede ci conduca a Gesù e, anche se “insultati per il Suo nome”, potremo vivere quella grazia che i santi esprimono – non dalle loro nicchie e dalla devozione che tributiamo loro – “facendo la nostra parte” perché la pace sia un percorso ben definito, che si possa declinare ogni giorno della nostra vita.
Fabio Venturini