L’ultima ballata di Willy Valutin

Prontamente tradotto dall’editore Jimenez, è uscito negli Stati Uniti nel 2024, possiamo anche noi gustarci “Il cavallo” (pagg.190 euro 18 traduzione di Gianluca Testani), settimo romanzo di Willy Vlautin dopo “Motel Life”, “Verso Nord”, “La ballata di Charley Thompson”, “The free”, “Io sarò qualcuno” e  “La notte arriva sempre”.
Al Ward ha sessantacinque anni, vive isolato in una concessione mineraria in Nevada lasciatagli da un prozio con zuppa in scatola e caffè istantaneo come unico sostentamento rimuginando il suo percorso nella vita. Musicista compositore ed esecutore con alterne fortune si trova nel momento dei bilanci più importanti nell’esistenza di un individuo e lo sconforto sembra essere il tono presente.
Un mattino, di fronte alla baracca in cui trascina la vita, trova un cavallo macilento ed apparentemente cieco che rifiuta il cibo e non si schioda dalla sua posizione.
Al è preoccupato: si trova a 1.800 metri di altitudine, a 50 chilometri dal ranch più vicino con un gruppo di affamati coyote nelle vicinanze.
Decide di muoversi verso il ranch ma l’auto sgangherata di cui dispone lo abbandona ben presto e si trova a procedere con estrema lentezza procedendo in un bilancio di ricordi che gli (e ci…) consente un riassunto delle puntate precedenti, in cui le chitarre rotte, i concerti nei bar, i lunghi tour, l’alcool, le centinaia di canzoni scritte, gli amori e gli abbandoni, i possibili pochi momenti di successo, le innumerevoli canzoni scritte, i ricordi dei compagni di strada lo riportano alla conseguente depressione cui l’alcoolismo non ha sicuramente giovato.
É il racconto di un’America minore, lontana dal mondo del successo e dell’appagamento, popolata di una umanità fuori contesto, quasi priva non solo di sogni ma anche di minime aspirazioni cui solo, raramente, un accordo non solo immaginato ma anche eseguito sembra poter dare conforto.
Lo scrittore è egli stesso un musicista ed un compositore, leader frontman di band di culto come “Richmond Fontaine“ e “The Delines “ ed appare come il miracoloso risultato  che qualche volta possiamo apprezzare in un pezzo che ci emoziona senza bisogno di ragionare per sentire. Peccato che le ballate presenti nel testo non siano state tradotte per quei lettori che, come me, sono monolingue.

Ariodante Roberto Petacco