
In tanti alla conferenza tenuta a Pontremoli dal dott. Marco Gemignani promossa dalla “Vasco Bianchi” con l’Associazione Marinai d’Italia

Docente di storia navale presso l’Accademia navale di Livorno il dott. Marco Gemignani è stato invitato dall’ Associazione Culturale Vasco Bianchi in collaborazione con la sezione di Pontremoli dell’Associazione Marinai d’Italia con patrocinio del Comune, era presente il sindaco, e della Pro Loco.
Nella rinnovata angoscia di fronte a quei “fagottini” bianchi che racchiudono bambini ammazzati dalle armi di nuove vicine guerre fare una conferenza con tema “Combattere sul mare” vuol esortare alla pace riflettendo sui continui disastri della guerra dall’età classica al tempo presente.
Intelligenze altissime hanno inventato marchingegni sempre più distruttivi; se avessero invece lavorato solo per le azioni di pace, la guerra sarebbe sparita. Ma con il “se”ipotetico non si legge la storia.
Le tattiche navali hanno avuto continue evoluzioni. In età classica vele gonfiate dal vento e la forza di robusti rematori sono state l’energia per muovere imbarcazioni per dare offesa o difesa. La trireme greca fu la principale nave da guerra dell’antichità, portava fino a duecento opliti con lancia e scudo e arcieri, la prua più alta in punta aveva il “corvo”come un uncino per agganciare le navi avversarie e combattere corpo a corpo: con la tattica dell’arrembaggio, che portò alla vittoria romana nelle battaglie di Milazzo e delle isole Egadi nella I guerra punica (261-241 a,C.).
Il console Gaio Duilio usò il “corvo”, che fu decisivo. Nel 2024 per contrastare gli attacchi degli yemeniti nel mar Rosso contro l’Occidente c’è la motonave “Caio Duilio”. Il lungo Medioevo impiegò vari tipi di galere a vele più grandi, con passerelle si cercava di attaccare la nave nemica, si lanciava materiale incendiario, su una linea fronte a fronte; così Genova vinse contro Pisa nella battaglia della Meloria del 1284 nel mar Tirreno.
Il pisano Rustichello in carcere a Genova con Marco Polo, catturato dai genovesi in uno scontro, scrisse in francese il racconto che gli dettò del grande viaggio in Cina, materia del grande libro “Il Milione”.
Entriamo nell’età moderna e contemporanea con l’invenzione del cannone ad avancarica a bordo delle navi, lanciava palle di ferro, ancora usato nella I guerra mondiale. Il cannone a mascolo era dislocato nei fronti di batteria e colpiva con efficacia fino a una distanza di m. 500. La tecnologia porta a differenti velocità di tiro nelle marinerie; i più veloci diventano i britannici che impiegano al massimo un minuto e mezzo per ricaricare.
Il valore del singolo non è più misurato sulle prestazioni personali dopo l’invenzione di arnesi di guerra azionati da lontano. La figura del cavaliere che guadagna gloria col suo coraggio e abilità e cantato dai poeti perde ruolo; lo sa bene Ariosto che rimanda negli abissi l’archibugio, “maledetto , abominoso ordigno” prodotto dall’invenzione della polvere pirica, che toglie all’arma “bianca” di dominare nelle battaglie.
Le galere rinascimentali arrivavano ad avere anche 24-26 banchi di vogatori. Nella battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571, la più importante dell’età moderna, c’erano proprio tutti gli Stati cattolici d’Europa contro i Turchi con grande apparato di galere e galeoni, cannoni, vascelli, la Chiesa istituì la festa della Madonna del Rosario per ricordare la vittoria. C’era e vi perse un braccio Cervantes creatore del sublime Don Chisciotte.
Altra battaglia che ha cambiato la storia inglese e spagnola è nel canale della Manica della “Invincibile Armada” nel 1588; Filippo II schierò una flotta che invece fu vinta dall’Inghilterra di Elisabetta I. Fu uno scontro tra circa 25mila uomini, 2.431 i cannoni calibro, avevano anche schierata sulle coste la fanteria pronta a combattere in caso di arrembaggio, persero pochi cannoni e nessun uomo usati dagli spagnoli contro gli inglesi che avevano 15.500 uomini, 1972 cannoni, 34 galeoni.
Venne con la guerra anglo-olandese del 1652-1654 la tattica del “taglio della T” , che rimane usata fino al 24-25 ottobre 1944 nella battaglia di Leyte nelle Filippine. Fu teorizzata da John Clerk of Edin in un saggio del 1782, gli ammiragli inglesi non diedero credito all’autore, ma Oscar Nelson seguì le indicazioni, mettere le navi in fila orizzontale tagliata da quella verticale dell’avversaria e nel 1805 vinse alla grande a Trafalgar presso Gibilterra contro l’impero napoleonico. Fece un doppio taglio della T: due file di navi sue inglesi parallele in verticale a distanza ravvicinata ruppero la linea orizzontale avversaria. Le navi di Napoleone avevano 2.626 cannoni, 33 vascelli, 5 fregate, furono affondate o catturate; quelle inglesi avevano 2.146 cannoni, 27 vascelli, 4 fregate e 2 brigantini.
La tattica fu ripetuta nel 1811 nella battaglia di Lissa, isoletta dell’Adriatico con inglesi combattenti contro italo-francesi.
Siamo arrivati alle portaerei, ai missili antinave e al lancio dei droni, macchine su cui si è appena concluso un grosso convegno a Venezia, a cui ha partecipato anche il prof. Gemignani alla presenza di una cinquantina di analisti per riflettere su inquietanti sfide del presente.
Maria Luisa Simoncelli Bianchi