Celebrata sabato 14 settembre a Dobbiana la festa di Santa Croce
Quello di “Santa Croce” con Dobbiana (e molti paesi vicini) è un legame così saldo che va ben oltre la tradizione. È un qualcosa che porta con sé il sapore della festa, l’aria di casa, il ritorno degli emigrati del paese… una composta armonia che riconduce al tempo in cui i pellegrini percorrevano la Via del Volto Santo, che collega Pontremoli con la città di Lucca (dove nella Cattedrale è venerata l’immagine acheropita di Gesù).
Su questa scia si fonda l’usanza di raggiungere, ogni 3 maggio e 14 settembre, la parrocchiale di San Giovanni Battista di Dobbiana per venerare quell’immagine tanto amata quanto scolpita incancellabilmente nel nostro cuore. L’immagine che si venera a Dobbiana è un qualcosa che, nella sua austerità, racchiude la bellezza del sacro e ci porta a “cercare il volto del Signore”.
È un volto che, come quel “vecchierel canuto et bianco” decantato dal Pertrarca, è stato più volte visitato e pregato dai nostri vecchi che – “nel Cristo Nero” rivestito di abiti sacerdotali e regali – cercavano la “sembianza di colui ch’ancor lassú nel ciel vedere” speriamo.
Questa ricerca conduce anche noi, “pellegrini di speranza” verso il prossimo giubileo, a voler vedere il Cristo, a toccare la sua effigie, a venerare le reliquie di quel legno “in quo Salus mundi pependit” – al quale fu appeso il Salvatore del mondo.
Tornare a Dobbiana assume dunque il significato di recuperare la propria fede, di voler ricominciare da Gesù, di guardare a Colui nel cui nome “ogni ginocchio si piega, nei cieli, sulla terra e sotto terra”.
Suggestiva è poi la lunga processione che, dopo i vespri pomeridiani, raggiunge le prime case di Tarasco. È qui che avviene l’antico rito delle rogazioni per chiedere al Signore la sua intercessione e perché ci aiuti a superare le prove della vita, donandoci prosperità e salute. In quei momenti l’immagine di Santa Croce incontra ognuno di noi: consola le nostre sofferenze, rincuora le nostre paure, rallegra le nostre soddisfazioni.
In quel momento è come se Gesù, ancora una volta, parlasse a noi con le parole del profeta Isaia “non temere, perché io sono con te” ed è come se ognuno di noi facesse l’esperienza degli apostoli sul lago di Tiberiade quando appare loro il Risorto… “ma nessuno dei discepoli osava domandargli – Chi sei? – poiché sapevano bene che era il Signore”.
Fabio Venturini