“Membri della Chiesa si sono schierati contro la Chiesa”
Il voto in Provincia e la campagna per il Sì sulle colonne del Corriere Apuano
In provincia di Massa Carrara, cinquant’anni fa, l’esito del referendum abrogativo della legge che aveva introdotto il divorzio fu in linea con il dato nazionale. Con un’affluenza che superò in cinque comuni il 90%, a livello provinciale il No raggiunse il 65,4%.
Il voto a livello comunale consegnava il ritratto di una provincia in cui il mantenimento del divorzio si affermò maggiormente nelle aree urbane di Massa (64,5%), Carrara (73,8%) e Montignoso (68,7%), con gli ultimi due comuni connotati anche da un maggior radicamento dei partiti laici e di sinistra, mentre risultati meno netti si osservarono nella Lunigiana interna.
Il Sì prevalse nettamente a Bagnone (65,5%) e di misura a Casola (50,4%) e a Comano (52,1%), mentre negli altri comuni il No oscillò fra il 63,3% di Aulla e la vittoria di misura di Pontremoli (52,6%). In un contesto locale in cui i mutamenti di costume non si erano ancora del tutto affermati, il voto ricalcava in buona parte le diverse connotazioni politiche dei comuni.
In Alta Lunigiana l’impegno della Chiesa diocesana per l’affermazione del Sì è testimoniato dalle pubblicazioni del Corriere Apuano nelle settimane prima del voto. Il settimanale, diretto da don Piero Lecchini, dedicò al referendum l’apertura di prima pagina su tutti i numeri da fine marzo in poi.
Il 30 marzo il Corriere Apuano, con un articolo di Alessandro Natale, rispose punto per punto ad un volantino della Federazione provinciale del PCI, definito “ottusamente violento e polemico ma pieno anche di grossolane falsificazioni della realtà”. Toni durissimi replicati due settimane dopo, quando il settimanale attaccò la “notevole intolleranza del dibattito e la strumentalizzazione del dissenso cattolico”.
Nel numero del 27 aprile ancora Natale propose una riflessione sulla libertà di coscienza in risposta ai cattolici per il No che ad essa si appellavano per mantenere il divorzio. Con l’approssimarsi della data del referendum la campagna per il Sì divenne ancora più intensa: il 4 maggio in prima pagina fu pubblicato un fac-simile di scheda elettorale con il Sì barrato e l’appello ‘per la salvezza della famiglia e il bene dei tuoi figli VOTA SI’.
Alla vigilia del voto Romano Novetti pose l’accento sul fatto che “la legge Fortuna- Baslini non è un segno di civiltà perché quando viene introdotto il divorzio in uno Stato, esso coincide con un periodo di decadimento e di sconvolgimento morale”. L’esito della consultazione fu oggetto di due editoriali.
Il 18 maggio Angelo Narducci affermò che “bisogna prendere coscienza che si è dinnanzi ad un mutamento profondo di costume e di cultura (…) e se non si riconosce la sua esistenza si rischiano soltanto gesti sterili mentre questo è il momento del coraggio costruttivo, della presenza generosa e intelligente”.
La settimana successiva fu il Vescovo in prima persona a prendere la parola. Nell’editoriale intitolato “Una scelta”, parlando di se in terza persona, monsignor Fenocchio “aveva rilevato, a chiare lettere, che non si trattava di scelta politica ma di scelta etica e religiosa, di singolare gravità”.
Durissimo il suo giudizio contro i cattolici del No: “Seguaci di Gesù Cristo si sono messi contro Gesù Cristo; membri della Chiesa si sono schierati contro la Chiesa”.
Il Vescovo di Pontremoli usò esplicitamente la parola “amarezza” auspicando, al termine di una severa disamina, “che il voto sia servito ad aprire gli occhi a molti, a ricordare che lo spirito del male non dorme, a scuoterci dal vivere tranquillo e soddisfatto e dal nostro beato letargo, a far sorgere nella diocesi un drappello di cristiani gagliardi, fermento e animatori di un nuovo cristianesimo, non esteriore, non marginale, non di semplice pratica religiosa”
(d.t.)