
L’incontro fra il poeta di Luino e Pietro Cascella. Una terra “chiusa in una immobilità che attrae e mette soggezione”

Incontri in Lunigiana è il titolo di un breve capitolo scritto da Vittorio Sereni (1913-1983), il poeta di Luino di gusto ermetico che presenta un itinerario creativo scandito in vari momenti. Aveva fatto di Bocca di Magra il suo luogo di vacanza, una scelta che fu anche di Giulio Einaudi, Valentino Bompiani (assidua la sua presenza ai Bancarella) Mario Soldati, Guido Piovene, Italo Calvino, Elio Vittorini.
Dalla foce in un solo colpo d’occhio amava contemplare entità verticali delle Alpi Apuane, orizzontali di piane campestri, marittime, le geometrie degli orti di Luni e Sarzana, il segmento collinare che dal villaggio di Nicola si innerva fino a Fosdinovo.
Tutto gli faceva supporre che la Lunigiana intera fosse inclusa in questo teatro naturale, in questa conca che vien voglia di chiamare beata.
Vittorio Sereni incontra un giorno Pietro Cascella, scultore abruzzese tra i maggiori del Novecento che ha fatto del castello di Verrucola di Fivizzano il suo luogo di vita e di lavoro. Biondo e di struttura possente, quando scolpisce assomiglia alla materia pietra arenaria con una sua sacralità.
Nel 1992 Cascella ha raccolto in un libro Pietro Cascella Parole e pietre, a cura di Sandro Bondi edito da Ponte alle Grazie, scritti che fanno conoscere sotto molte angolazioni vita, opere, personalità, i modi cortesi del suo relazionare. Composto di saggi, conversazioni, memorie, testimonianze di critici e scrittori importanti, che hanno contribuito a formare l’artista o sono suoi amici ed estimatori, il libro contiene anche belle foto col fascino del bianco e nero, quelle di Malta dedicate a ricordi di famiglia sono commentate dalla moglie Cordelia von den Steien, che scolpisce terrecotte (a Pontremoli ne fu fatta una bella mostra).
Il capitolo di Vittorio Sereni dice del primo suo incontro con Cascella, che lo ha portato a scoprire “uno spazio detto Lunigiana”, gli veniva rivelato l’ignoto e “la vaghezza dei limiti in cui questa terra si inscrive”.
Terra interna di una valle incrocio di territori che la geografia politica ripartisce a modo suo, terra densa di storia in quanto terra di transito, ma anche radicata dimora di chi soffre il mutamento, “chiusa in una immobilità che attrae e mette soggezione ”, nello scorrere lento, silenzioso dei giorni.
Borghi e villaggi, arroccati in linea orizzontale dove affiorano le sorgenti idriche, sembrano vascelli affioranti a pelo d’acqua. Case appaiono decrepite ma sempre con un loro blasone di nobiltà, come a Filetto che un altro poeta Attilio Bertolucci dice “piccolo capolavoro di urbanistica”, oppure sono ruderi come il castello dei Malaspina di Mulazzo che quasi sicuramente ospitò Dante e che una serie di lapidi illustri vorrebbe preservare dall’oblio.
Vittoro Sereni, tornato nel posto di vacanza a Bocca di Magra, dice di sentirsi arricchito perché penetrato in un’ottica diversa, “mi erano stati svelati concreti abitati rurali, una chiesa, una pieve, un castello emergevano nella pietra nella quale essi sussistono”. Lunigiana per il poeta è “terra fertle di immagini con squarci sull’assoluto – o nell’illusione di esso”.
Proprio così: la dimensione di ciò che si agita nella storia si intreccia con ciò che è fuori del tempo, il vago si incontra col concreto. Poeta dai tormenti mai dimenticati di guerra e di prigionia lascia intendere che il suo incontro in Lunigiana fu in definitiva un incontro con se stesso, col suo passato, con le ombre dei suoi morti dentro una cornice di mistero. Il racconto è dell’anno della sua morte. (m.l.s.)