Marco De Paolis in un libro dice che dimenticare è morte, ricordare è vita

“Caccia ai nazisti” è stato presentato a Pontremoli sabato 10 febbraio

Hanno riempito la stanza del Teatro La Rosa a Pontremoli le persone attente alla presentazione del libro Caccia ai nazisti di Marco De Paolis con prefazione di Liliana Segre. Gli onori di casa li ha fatti il sindaco Jacopo Ferri con un grazie per la passione messa nell’indagare su momenti ancora oscuri della nostra storia.
Questo libro è operazione di arricchimento perché oggi abbiamo più che mai bisogno di verità storica da trasmettere alle nuove generazioni, che non ricevono più regole come avveniva nel passato.
L’autore, presente all’incontro, ha lavorato 15 anni su documenti ritrovati nel cosiddetto “armadio della vergogna” e come procuratore generale del tribunale militare dal 2002 al 2008 alla Spezia e a Roma dal 2010 al 2018 ha istruito oltre 500 procedimenti con risultati accettabili: 51 criminali di guerra nazisti sono stati condannati all’ergastolo, non incarcerati per l’età o già morti.
Il giornalista Renzo Parodi ha subito rivolto pertinenti domande sulle atrocità naziste e italiane nei venti mesi della Resistenza partigiana e civile 8 settembre 1943- 25 aprile 1945.
Lo storico Paolo Pezzino, grande studioso di quei fatti ha spiegato perchè quelle stragi non hanno avuto processo e giusta punizione dei responsabili; invece in Germania e nella Francia collaborazionista di Le Pein i conti sono stati fatti.
Politicamente è chiaro: c’erano i documenti utili forniti dagli Alleati, ma sarebbero andati a processo anche gli italiani alleati a nazisti, che fecero crimini contro l’umanità prima in Etiopia, con l’uso dei gas e la strage di cristiani copti, in Albania, Grecia a Cefalonia e isole di Kos Lesbo.
In Italia si fecero pochissimi processi, chi aveva ruoli di comando rimase al suo posto, gli ebrei superstiti non reintegrati. Autorità militari avevano ordinato stragi in Istria poiché “si ammazzava troppo poco”, pertanto conveniva chiudere gli occhi, rimanere in una “rassegnata indifferenza”.
Oltre l’amnistia promossa dal ministro della Giustizia Palmiro Togliatti nel breve governo di coalizione coi comunisti, fu ritenuto conveniente “tenersi buoni” italiani e tedeschi occidentali nella sopraggiunta contrapposizione della “guerra fredda”, si aggiungono il poco intenso impegno dei militari, la difficoltà di istituire una commissione, distaccare a lungo personale specializzato, poco impegno anche da parte del tribunale civile, una commissione parlamentare d’inchiesta fu reticente tra tanti non so, non ricordo.
La scelta politica fu nel 1970 dichiarare archiviata la pratica, “non essendo stata trovata nessuna notizia utile per identificare e accertare le responsabilità degli autori delle stragi”, crimini contro l’umanità. Ma il lutto, il dolore dei familiari delle vittime non va in prescrizione.
Il magistrato Marco De Paolis ha sentito dovere morale raccontare se stesso di fronte al dolore immenso e al lutto delle famiglie. Le notizie utili c’erano, la messinscena dell’armadio messo chiuso di fronte al muro è insostenibile, una vergogna appunto. Fu il caso Pribke nel 1996 a riaprire la questione; scovato in Argentina il criminale delle Fosse Ardeatine è stato processato.
De Paolis ha contato 70mila vittime, di nessuna è stata chiesta scusa. Anche quelle in Lunigiana hanno poca notorietà al di fuori delle comunità locali. Coi fondi del PNRR sono previsti risarcimenti ai familiari, ma sono d’ostacolo i vincoli stretti messi dall’avvocato dello Stato.
Pezzino e De Paolis hanno rimarcato che il gesto delle scuse sarebbe difendere l’onore dello Stato.

(m.l.s.)